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L’imbarazzo della vita. Profilo di un sacerdote.

 
 
Esce in questi giorni “L’imbarazzo della vita. Profilo di un sacerdote”, il libro del canonico Pietro Zovatto, pubblicato da Luglio editore. Per presentare questo testo autobiografico di sacerdote sudioso e letterato, riportiamo di seguito il testo della prefazione redatta dall’Arcivescovo Mons. Crepaldi.

Prefazione

Sono profondamente onorato per la possibilità offertami di scrivere una breve prefazione al volume del Canonico Pietro Zovatto L’imbarazzo della vita. Profilo di un sacerdote, dove l’autore traccia, sull’onda dei ricordi, il profilo di una sua autobiografia di prete dedito agli studi scientifici soprattutto di storia della spiritualità, ma anche letterari come la produzione poetica fino a quelli più feriali del ministero omiletico. Lo fa con un metodo e uno stile innovativi e avvincenti: parla di sé, facendo parlare gli altri e parlando degli altri.
Quello che ne esce è un mosaico fatto di un ricco e poliedrico intreccio di relazioni che nel corso della vita il Can. Zovatto ha coltivato, alimentandolo e lasciandosi alimentare dallo stesso. In questo intreccio relazionale spiccano alcuni nomi di assoluto rilievo come Cornelio Fabro e Augusto Del Noce, lo zio Mons. Paolo Lino Zovatto, ma anche figure di religiosi che furono determinanti nella storia contemporanea della Chiesa italiana come Padre Pio da Pietrelcina, don Divo Barsotti o don Primo Mazzolari. Amicizie, incontri, scambi epistolari che, in un modo o in un altro, hanno consentito al prete Zovatto di coltivare il suo bagaglio culturale e, nello stesso tempo, quello propriamente spirituale.
Nel libro, i ricordi non sono mai ridotti ad asettici resoconti di cronaca, ma vengono condivisi con il lettore accompagnati da una pacata e coinvolgente forma di empatia narrativa che fa emergere come sia decisivo per il vivere la categoria della relazione. Con il suo raccontarsi, il Can. Zovatto fa capire come le persone, proprio perché di natura spirituale, si realizzano nelle relazioni interpersonali. Più le vivono in modo autentico, più maturano anche sul fronte della propria identità personale. Non è isolandosi che le persone valorizzano se stesse, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi decisivo. Questo vale anche per i preti. Quelle del nostro autore non sono state solo relazioni ristrette agli ambiti religiosi o ecclesiastici; furono aperte, senza cedimenti identitari, anche a personalità di laici, spesso con visioni culturali e interessi civili molto distanti da quelli classici di un prete. Mi riferisco alle relazioni con gli scrittori Tomizza e Magris, ma anche con il poeta Biagio Marin. Un capitolo del libro che colpisce è quello che il Can. Zovatto dedica a Manlio Cecovini che, come tutti sanno, fu sindaco di Trieste e Maestro Onorario della Massoneria tergestina.
Tutta questa singolare vicenda relazionale è vissuta e si è sviluppata dentro e a partire da uno spazio, non solo geografico, ma propriamente ecclesiale, sociale, culturale, universitario…: quello spazio fu Trieste che, nel libro del Can. Zovatto, se ne esce come teatro fecondo e complesso dove è andata in scena una più ampia vicenda umana con valori ancora saldi e condivisi, con un amore alla libertà capace di allargare gli orizzonti del cuore e della mente al di là dei confini di un mortificante provincialismo, con il gusto di un dialogo civile e culturale ritrovato dopo la stagione della conflittualità distruttiva e paralizzante imposta a Trieste dalle differenti ideologie politiche del cosiddetto secolo breve. Di questa Trieste, colta e civile, tra le righe del libro, il Can. Zovatto ne offre un riscontro convincente ed esemplare.
Nel libro c’è molto altro, come un capitolo che l’autore dedica al suo ministero sacramentale di presidente dell’Eucaristia con l’acuta responsabilità della relazione che si stabilisce con il popolo di Dio che vi assiste tramite l’omelia che deve essere ben preparata, corta e svolta con ordine logico e sapienza spirituale. Alla fine, l’enigma del titolo L’imbarazzo di una vita – che, appena ricevute le bozze, mi aveva incuriosito e anche un po’ preoccupato – viene sciolto nelle ultime righe del libro dall’autore stesso con queste parole: “Così si chiude questa passeggiata nella memoria attraverso un aspetto dell’esperienza sacerdotale comune a tante altre, ma con la consapevolezza – tutt’ora viva – che io ho sempre agito per Cristo nell’ambito della Chiesa, magari a mie spese”.

✠ Giampaolo Crepaldi

Arcivescovo-Vescovo di Trieste