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III DOMENICA DI QUARESIMA

III DOMENICA DI QUARESIMA

 


DIOCESI DI TRIESTE
III DOMENICA DI QUARESIMA

 

 

+ Giampaolo Crepaldi
Cattedrale di San Giusto, 15 marzo 2020
 
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo!
1. È stato appena proclamato uno dei testi più belli e profondi del Vangelo di Giovanni, quello che racconta l’incontro, presso un pozzo, tra Gesù e la Samaritana (cf. Gv 4,5-42), entrambi accumunati dalla sete. La sete di Gesù in primo luogo, che rivolge alla samaritana la richiesta Dammi da bere (cf. Gv 4,5-7), domanda insolita perché tra ebrei e samaritani non correva buon sangue. Di fatto, con questa richiesta Gesù porta la sua interlocutrice a iniziare un cammino interiore per far emergere in lei il desiderio di qualcosa di più profondo e di più grande. Sant’Agostino scrisse: Colui che domandava da bere, aveva sete della fede di quella donna (In Io ev. Tract. XV,11: PL 35,1514). Poi la sete della samaritana – donna irrequieta nella sua inconcludente libertà affettiva e relazionale e dolorosamente infelice – che chiede dell’acqua a Gesù (cf. Gv 4,15), manifestando un irresistibile bisogno di Dio, di liberazione e di salvezza che solo Lui può colmare. Una sete d’infinito che viene finalmente saziata dall’acqua viva che Gesù offre, dall’acqua viva che è Gesù stesso. Un’acqua viva che purifica e cambia la sua vita personale e la porta ad adorare l’unico vero Dio in spirito e verità; un’acqua viva capace di diventare in lei sorgente che zampilla per la vita eterna; un’acqua viva che la vivifica a tal punto da indurla a lasciare la brocca lì accanto al pozzo per correre nel suo villaggio ad annunciare che aveva incontrato il Salvatore.
2. Carissimi fratelli e sorelle, in questi giorni, vissuti tristemente nella paura e nello smarrimento a causa dell’epidemia da coronavirus, la quotidianità di tutti risulta riprogrammata da una serie di comportamenti che mai e poi mai avremmo pensato di dover far nostri: niente strette di mano o un abbraccio, timorosi che l’altro – anche il conoscente, anche il familiare – sia un potenziale nemico da cui difenderci perché ci potrebbe infettare; niente messe, niente comunioni, niente confessioni, un niente che ha scombinato i ritmi normali della nostra vita cristiana, mortificando il quotidiano e familiare rapporto con Dio; perfino niente funerali, a testimanianza che non solo il vivere, ma anche il morire – ormai senza lacrime e spesso in un abbandono pieno di desolazione umana e spirituale – ne risulta radicalmente e drammaticamente segnato. Il coronavirus sta mettendo tutto in discussione: le relazioni con il prossimo, le relazioni con Dio, la relazione con il senso personale del vivere e del morire, ma anche il nostro convenire nazionale e internazionale sul piano culturale, socioeconomico e politico. Quando sarà passato niente sarà come prima, tante e tali saranno le sfide che ci toccherà affrontare sul piano personale e comunitario. Penso sia bene incominciare a prendere confidenza con l’idea di dover ricominciare da capo. Da dove e come? Domanda difficile e forse un poco presuntuosa. Ma è bene iniziare a prefigurare qualche salutare risposta. Una su tutte. Decidere di fare come la samaritana: buttar via l’acqua vecchia, cercando un’acqua nuova, cioè l’acqua viva del Vangelo, quella dell’incontro con Gesù. Senza di Lui ritorneremo ad essere come prima, un albero senza radici, e alla prossima botta ci ritroveremo più sperduti di adesso come un treno costretto ad andare avanti senza sapere dove sta andando. Decidere oggi di ripartire da Lui, di ripartire con Lui, di ripartire in Lui, pronti a vivificare le nostre persone con la sua acqua viva per poter ricostruire l’umano con nuove relazioni di fraternità, di amore e di pace. Con l’aiuto materno della Madonna della Salute ce la faremo.

 

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