DIOCESI DI TRIESTE
Solennità del Natale del Signore
Santa Messa del giorno
✠ Enrico Trevisi
Cattedrale di San Giusto, 25 dicembre 2025
Cari fratelli e sorelle, amati fratelli e sorelle, dragi bratje in sestre,
contempliamo il mistero del Dio che si fa carne.
“Generato, non creato; della stessa sostanza del Padre” ci dice il Credo che professiamo insieme tutti noi cristiani.
Il generare fa parte della natura di Dio. Perché Dio non si rinchiude in se stesso, ma genera: e da sempre Dio lo pensiamo non da solo, ma come un Padre che genera il Figlio e poi procede, esce, viene lo Spirito. Il mistero della Trinità ci dice di un Dio che in sé è generazione, vita, apertura… fino al sacrificio di sé perché altri abbiano vita e in abbondanza.
Mi piace richiamare l’attenzione su questo generare di Dio. Noi stiamo diventando una società vecchia e incapace di generare, che ha perso il desiderio del generare. L’inverno demografico ci dice che nascono sempre meno bambini, e molte sono le ragioni. E tra di esse che è venuto meno il desiderio del generare, dell’essere padri e madri. Non è una colpa dei giovani ma di questa nostra cultura che abbiamo edificato e di come essa ci sta plagiando tutti.
Il Natale ci ripropone il mistero della nascita del bambino Gesù, in un tempo e in una situazione politica che certamente rendevano questa nascita molto problematica. Anche oggi cultura e politica non si mostrano attenti alla natalità: al di là delle parole mancano significativi investimenti a favore delle famiglie che generano figli. E in un tempo che esalta le scelte (il generare non è più un accadimento biologico e quasi inevitabile) manca una cultura che mostri la ragionevolezza, la bellezza, la ricchezza di senso del generare i figli. E manca una politica che dia una svolta epocale alle politiche familiari e che renda più desiderabile il generare; ormai è indispensabile il lavoro extrafamiliare di entrambi i genitori, i salari bassi rendono le spese per un bambino una preoccupazione e impongono stili di vita che sono un vero andare controcorrente rispetto a tutto quello che il mondo esalta: dedizione prioritaria alla carriera, divertimenti costosissimi e invidiabili da tutti, vacanze esotiche, consumi da ogni parte. Come possono i giovani desiderare di avere figli se ciò che il mondo propone loro è esattamente il contrario: un’autorealizzazione e un benessere individualistico che comporta il vedere i figli come antagonisti alla loro affermazione sociale e psicologica?
La cultura del generare i figli ha connessione con il mistero di Dio e del Natale.
Gesù nasce in una condizione politica di oppressione e di prepotenza. Il censimento di Cesare Augusto, l’occupazione romana di quella fascia di terra, le mire invidiose di Erode, la povertà di quella famiglia in viaggio e costretta ad accamparsi in un tugurio, in una stalla prefigurano il disagio e la povertà – con tutte le gradazioni – di tanti giovani che migrano. Anche da Trieste, nella speranza di lavori più sicuri e appaganti in altri Paesi, dove meglio sono riconosciuti nelle loro aspirazioni; o verso Trieste, fuggendo da Paesi in cui non hanno speranza. In tanti di essi permane un anelito di vita, un barlume di desiderio di vita. E anche di generare figli, anche se pesa la lontananza dalle famiglie di origine, che spesso sono essenziali per dare concretezza al desiderio di accudire i figli, soprattutto quando entrambi i genitori lavorano con turni e orari che nessun asilo nido riesce ad osservare.
Maria e Giuseppe rappresentano questi giovani… che mantengono un desiderio di vita, che si dispongono al disegno di Dio che li fa essere aperti alla vita… in un mondo che rimane ostile: quando le narrazioni e le pressioni culturali ci rinchiudono in aspettative narcisistiche, individualistiche e ci rendono vittime di una distorta visione della vita, nella quale si diventa sterili (chiusi al generare nuova vita) siamo chiamati a guardare a Betlemme. A Maria e a Giuseppe. Sentiamo il bisogno di una stella, cioè di un segno divino.
Dio ci chiede di alzare lo sguardo, di cercare quella stella che è segno di un desiderio (etimologicamente la parola desiderio dice la nostalgia di un segno celeste, di una stella che indichi la strada); Dio ci propone un cammino di vita in cui c’è spazio anche per l’altro e la sua fragilità; e la cura del piccolo che nasce diventa anche presidio per custodire la propria umana grandezza. Quando si genera si è nel disegno di Dio che dà la vita! La gioia di accogliere la nuova vita - anche se essa è vista con sgomento da Erode che vuole la strage degli innocenti - presidia la dignità umana che non può essere schiava dei prepotenti che ci voglio asserviti ai loro progetti di potere e di profitto.
Accogliere la vita nascente, generare figli, oggi è una scelta culturale controcorrente. Essa comporta gioie ma anche sacrifici non adeguatamente supportati dalla nostra cultura e politica. Rimane la scelta delle famiglie, l’aiutarsi e il testimoniare che vale la pena generare figli e promuovere la loro crescita e libertà.
Quel figlio che nasce viene da Dio, è a immagine e somiglianza di Dio, è speranza per il futuro, è ragionevole premessa per il futuro del nostro Paese e dell’umanità.
Il Natale ci porti a guardare con tenerezza ad ogni giovane coppia che si apre alla vita, anche quando arriva inaspettata; che non si limita al figlio unico ma che decide la generosità nel dare la vita, che custodisce il valore della vita sempre, fin dal concepimento. Questa tenerezza non ci porti a un semplice sentimentalismo ma ci smuova in scelte concrete di sostegno alle giovani coppie a livello di vicinato e di famiglie… e anche in pressanti richieste ai nostri governanti.
Come i pastori di Betlemme possiamo anche noi raggiungere la vita nascente o appena nata o fragile, là dove è minacciata, e portare solidarietà, conforto e letizia. La gioia del Natale di Gesù ci veda attenti a sostenere, con affetto e dedizione, ogni vita che nasce.