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STORIA

Sinodo della fede


SINODO DELLA FEDE 2012 - 2015

SINODO

Il Sinodo

COS’È IL SINODO



Il canone 460 descrive il sinodo diocesano come “riunione (‘coetus’) di sacerdoti e di altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana”.


La finalità del sinodo è quella di prestare aiuto al Vescovo nell’esercizio della funzione, che gli è propria, di guidare la comunità cristiana.
Tale scopo determina il particolare ruolo da attribuire nel sinodo ai presbiteri, in quanto “saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati al servizio del popolo di Dio”. Ma il sinodo offre anche al Vescovo l’occasione di chiamare a cooperare con lui, insieme ai sacerdoti, alcuni laici e religiosi scelti, come un modo peculiare di esercizio della responsabilità, che concerne tutti i fedeli, nell’edificazione del Corpo di Cristo.
Il Vescovo esercita, anche nello svolgimento del sinodo, l’ufficio di governare la Chiesa affidatagli: decide la convocazione, propone le questioni alla discussione sinodale, presiede le sessioni del sinodo; infine, quale unico legislatore, sottoscrive le dichiarazioni e i decreti e ne ordina la pubblicazione.
Il sinodo è, in questo modo, “contestualmente e inseparabilmente, atto di governo episcopale ed evento di comunione, esprimendo così quell’indole di comunione gerarchica che appartiene alla natura profonda della Chiesa”. Il Popolo di Dio non è, infatti, un aggregato informe dei discepoli di Cristo, bensì una comunità sacerdotale, organicamente strutturata fin dall’origine conformemente alla volontà del suo Fondatore, che in ogni diocesi fa capo al Vescovo come principio visibile e fondamento dell’unità e unico suo rappresentante. Qualunque tentativo, quindi, di contrapporre il sinodo al Vescovo, in virtù di una pretesa “rappresentanza del Popolo di Dio”, è contrario all’autentica impostazione dei rapporti ecclesiali.

I sinodali sono chiamati a “prestare aiuto al Vescovo diocesano” formulando il loro parere o “voto” circa le questioni da lui proposte; tale voto è detto “consultivo” per significare che il Vescovo è libero di accogliere o meno le opinioni manifestate dai sinodali. Tuttavia, ciò non significa trascurarne l’importanza, quasi fosse una mera consulenza “esterna”, espressa da chi non ha alcuna responsabilità nell’esito finale del sinodo: con le loro esperienze e i loro consigli, i sinodali collaborano attivamente nell’elaborazione delle dichiarazioni e dei decreti, che verranno giustamente chiamati “sinodali”, dai quali il governo episcopale della diocesi ricaverà in futuro ispirazione.
Da parte sua, il Vescovo dirige effettivamente le discussioni durante le sessioni sinodali e, da vero maestro della Chiesa, insegna e corregge quando occorre. Dopo aver sentito i membri, a lui spetta il compito di discernimento, e cioè di “esaminare tutto e ritenere ciò che è buono”, nei confronti dei diversi pareri espressi. Sottoscrivendo, terminato il sinodo, le dichiarazioni e i decreti, il Vescovo impegna la sua autorità in tutto quanto in essi si insegna o si comanda. La potestà episcopale viene in questo modo attuata in conformità al suo significato autentico, e cioè non come imposizione di una volontà arbitraria, ma come un vero ministero, che comporta “ascoltare i sudditi” e “chiamarli a cooperare alacremente con lui”, nella comune ricerca di ciò che lo Spirito chiede nel momento presente alla Chiesa particolare.

Comunione e missione, in quanto aspetti inscindibili dell’unico fine dell’attività pastorale della Chiesa, costituiscono il “bene di tutta la comunità diocesana” che il can. 460 indica come scopo ultimo del sinodo.
I lavori sinodali mirano a fomentare la comune adesione alla dottrina salvifica e a stimolare tutti i fedeli alla sequela di Cristo. Poiché la Chiesa è “inviata al mondo ad annunziare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce”, il sinodo cura anche di favorire il dinamismo apostolico di tutte le energie ecclesiali sotto la guida dei legittimi Pastori. Nella convinzione che ogni rinnovamento comunionale e missionario ha come indispensabile premessa la santità dei ministri di Dio, non dovrà in esso mancare un vivo interessamento per il miglioramento del costume di vita e della formazione del clero e per lo stimolo delle vocazioni.
Il sinodo, quindi, non solo manifesta e attua la comunione diocesana, ma anche è chiamato a “edificarla” con le sue dichiarazioni e i suoi decreti. Occorre perciò che nei documenti sinodali venga operosamente accolto il Magistero universale e applicata la disciplina canonica alla diversità propria di quella determinata comunità cristiana. In effetti, il ministero del Successore di Pietro e il Collegio Episcopale non sono una istanza estranea alla Chiesa particolare, ma un elemento che appartiene “dal di dentro” alla sua stessa essenza ed è a fondamento della comunione diocesana.
In questo modo, il sinodo contribuisce anche a configurare la fisionomia pastorale della Chiesa particolare, dando continuità alla sua peculiare tradizione liturgica, spirituale e canonica. Il patrimonio giuridico locale e gli indirizzi che hanno guidato il governo pastorale sono in esso oggetto di accurato studio, al fine di aggiornare, ripristinare o completare eventuali lacune normative, di verificare il raggiungimento degli obiettivi pastorali già formulati e di proporre, con l’aiuto della grazia divina, nuovi orientamenti.

(da Congregazione per i Vescovi e Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, Istruzione sui Sinodi Diocesani)
MEMBRI DEL SINODO
“Presiede il sinodo diocesano il Vescovo diocesano, il quale tuttavia può delegare il Vicario generale o un Vicario episcopale, a svolgere tale ufficio, per le singole sessioni del sinodo”, privilegiando tra questi coloro che hanno dignità episcopale (Vescovo coadiutore e Vescovi ausiliari).


Sono membri “de iure” del sinodo, in base all’ufficio che essi ricoprono:
– il Vescovo coadiutore e i Vescovi ausiliari;
– i Vicari generali, i Vicari episcopali nonché il Vicario giudiziale;
– i canonici della chiesa cattedrale;
– i membri del consiglio presbiterale;
– il rettore del seminario maggiore;
– i vicari foranei.


Sono membri elettivi:
“I fedeli laici, anche membri di istituti di vita consacrata, eletti dal consiglio pastorale nel modo e nel numero da determinarsi dal Vescovo diocesano, oppure, dove tale consiglio non esiste, secondo i criteri determinati dal Vescovo diocesano”.
Per la scelta di questi laici (uomini e donne), occorre seguire, per quanto possibile, le indicazioni del canone 512 §2, avendo comunque buona cura di assicurare che tali fedeli si distinguano “per fede sicura, buoni costumi e prudenza”; così il loro contributo sarà veramente valido in vista del bene della Chiesa. La situazione canonica regolare di questi laici è da ritenersi requisito indispensabile per far parte dell’assemblea.“Almeno un presbitero eletto in ciascun vicariato foraneo da tutti coloro che ivi hanno cura d’anime; inoltre deve essere eletto un altro presbitero che lo sostituisca se il primo è impedito”.
Come desunto dal testo canonico, per questo titolo sono eleggibili soltanto i presbiteri, non i diaconi o i laici. Il Vescovo dovrà, quindi, determinarne il numero per ogni vicariato foraneo. Se si tratta di una Chiesa particolare di piccole dimensioni, nulla osta alla convocazione di tutti i suoi presbiteri.“Alcuni Superiori degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica che hanno la casa nella diocesi, i quali devono essere eletti nel numero e nel modo determinati dal Vescovo diocesano”.


Sinodali di libera nomina episcopale: “Al sinodo diocesano possono essere chiamati dal Vescovo diocesano, in qualità di membri, anche altri, sia chierici, sia membri di istituti di vita consacrata, sia fedeli laici”. Nello scegliere questi sinodali, si cercherà di rendere presenti le vocazioni ecclesiali o i diversi impegni apostolici non sufficientemente espressi nelle elezioni, sicché il sinodo rifletta adeguatamente la peculiare fisionomia della Chiesa particolare; si curerà perciò di assicurare, tra i chierici, una congrua presenza di diaconi permanenti. Non si trascuri di scegliere anche fedeli che eccellono “per scienza, competenza e prestigio”, la cui ponderata opinione arricchirà senza dubbio le discussioni sinodali.

I sinodali legittimamente designati hanno il diritto e l’obbligo di partecipare alle sessioni. “Un membro del sinodo, se è trattenuto da un legittimo impedimento, non può inviare un procuratore che vi partecipi in suo nome; avverta però il Vescovo diocesano di tale impedimento”.
Il Vescovo ha il diritto e il dovere di rimuovere, mediante decreto, qualunque sinodale, che con le sue opinioni si discosti dalla dottrina della Chiesa o che rifiuti l’autorità episcopale, ferma restando la possibilità di ricorso contro il decreto, a norma di diritto.

“Il Vescovo diocesano, se lo ritiene opportuno, può invitare come osservatori alcuni ministri o membri di Chiese o comunità ecclesiali che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica”.
La presenza degli osservatori contribuirà a “introdurre maggiormente la preoccupazione ecumenica nella pastorale normale, facendo crescere la reciproca conoscenza, la carità vicendevole e possibilmente la fraterna collaborazione”.
Per la loro individuazione di solito converrà procedere d’intesa con i capi di tali Chiese o comunità, che segnaleranno la persona più idonea a rappresentarle.
LE COMMISSIONI
Rilevanza della Parola di Dio nell’esperienza della fede
Coordinatori: Bortuzzo don Antonio – Pesce Piero

Parrocchia, catecumenato e catechesi con particolare riguardo al ruolo formativo della famiglia e alle varie fasce di età
Coordinatori: Tommasi padre Andrea – Martini Antonio e Vorini Donatella

Ministero ecclesiale del catechista parrocchiale
Coordinatori: Bazzoli don Giovanni – Sattolo sr Luigina

Esperienze e strumenti per la nuova evangelizzazione con particolare attenzione al ruolo dei movimenti e delle associazioni
Coordinatori: Ritossa don Fabio – Simcic Tomaz – Ianza Maurizio – Bartoli Alessandra

Direttorio diocesano liturgico-sacramentale
Coordinatori: Amodeo don Alessandro – Carnelos don Giorgio

Itinerari per l’iniziazione cristiana
Coordinatori: Calloni padre Alessandro Maria – Visintin don Fabio

Direttorio diocesano per i presbiteri
Coordinatori: Frausin don Sergio – Oberstar don Janez

Direttorio diocesano per i diaconi permanenti
Coordinatori: Petrarcheni don Giorgio – diacono Longo Paolo

Linee per la preghiera privata e in famiglia
Coordinatori: Crisanaz don Christian – Alberti Giorgio – Petronio Annamaria

Strumenti ed esperienze per la formazione liturgica
Coordinatori: Masiero padre Gino – Canale Margherita

Il plesso di problemi connessi al rapporto tra famiglia-rispetto della vita-sessualità
Coordinatori: Muschi don Valerio – diacono Pesce Piero – Cocever Vittoria

Le questioni connesse all’emergenza educativa, soprattutto nei rapporti generazionali tra mondo giovanile e degli adulti
Coordinatori: Mosca don Andrea – Poillucci Manfredi

Il mondo della cultura con particolare riferimento al rapporto tra fede e scienza e alle problematiche del riduzionismo/relativismo culturali
Coordinatori: Grandi Giovanni – Okulik don Luis

Le questioni sociali ed economiche del nostro territorio con un’attenzione particolare al mondo del lavoro, lo sviluppo futuro della città di Trieste, i gravi problemi dei poveri
Coordinatori: De Stefano don Mario – Zanolla Gianfranco

Gli strumenti e le esperienze per la formazione all’impegno sociale e politico
Coordinatori: Gianfranco Battisti – Magarelli don Lorenzo
INTERVISTE

COS’È IL SINODO



Il canone 460 descrive il sinodo diocesano come “riunione (‘coetus’) di sacerdoti e di altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana”.


La finalità del sinodo è quella di prestare aiuto al Vescovo nell’esercizio della funzione, che gli è propria, di guidare la comunità cristiana.
Tale scopo determina il particolare ruolo da attribuire nel sinodo ai presbiteri, in quanto “saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati al servizio del popolo di Dio”. Ma il sinodo offre anche al Vescovo l’occasione di chiamare a cooperare con lui, insieme ai sacerdoti, alcuni laici e religiosi scelti, come un modo peculiare di esercizio della responsabilità, che concerne tutti i fedeli, nell’edificazione del Corpo di Cristo.
Il Vescovo esercita, anche nello svolgimento del sinodo, l’ufficio di governare la Chiesa affidatagli: decide la convocazione, propone le questioni alla discussione sinodale, presiede le sessioni del sinodo; infine, quale unico legislatore, sottoscrive le dichiarazioni e i decreti e ne ordina la pubblicazione.
Il sinodo è, in questo modo, “contestualmente e inseparabilmente, atto di governo episcopale ed evento di comunione, esprimendo così quell’indole di comunione gerarchica che appartiene alla natura profonda della Chiesa”. Il Popolo di Dio non è, infatti, un aggregato informe dei discepoli di Cristo, bensì una comunità sacerdotale, organicamente strutturata fin dall’origine conformemente alla volontà del suo Fondatore, che in ogni diocesi fa capo al Vescovo come principio visibile e fondamento dell’unità e unico suo rappresentante. Qualunque tentativo, quindi, di contrapporre il sinodo al Vescovo, in virtù di una pretesa “rappresentanza del Popolo di Dio”, è contrario all’autentica impostazione dei rapporti ecclesiali.

I sinodali sono chiamati a “prestare aiuto al Vescovo diocesano” formulando il loro parere o “voto” circa le questioni da lui proposte; tale voto è detto “consultivo” per significare che il Vescovo è libero di accogliere o meno le opinioni manifestate dai sinodali. Tuttavia, ciò non significa trascurarne l’importanza, quasi fosse una mera consulenza “esterna”, espressa da chi non ha alcuna responsabilità nell’esito finale del sinodo: con le loro esperienze e i loro consigli, i sinodali collaborano attivamente nell’elaborazione delle dichiarazioni e dei decreti, che verranno giustamente chiamati “sinodali”, dai quali il governo episcopale della diocesi ricaverà in futuro ispirazione.
Da parte sua, il Vescovo dirige effettivamente le discussioni durante le sessioni sinodali e, da vero maestro della Chiesa, insegna e corregge quando occorre. Dopo aver sentito i membri, a lui spetta il compito di discernimento, e cioè di “esaminare tutto e ritenere ciò che è buono”, nei confronti dei diversi pareri espressi. Sottoscrivendo, terminato il sinodo, le dichiarazioni e i decreti, il Vescovo impegna la sua autorità in tutto quanto in essi si insegna o si comanda. La potestà episcopale viene in questo modo attuata in conformità al suo significato autentico, e cioè non come imposizione di una volontà arbitraria, ma come un vero ministero, che comporta “ascoltare i sudditi” e “chiamarli a cooperare alacremente con lui”, nella comune ricerca di ciò che lo Spirito chiede nel momento presente alla Chiesa particolare.

Comunione e missione, in quanto aspetti inscindibili dell’unico fine dell’attività pastorale della Chiesa, costituiscono il “bene di tutta la comunità diocesana” che il can. 460 indica come scopo ultimo del sinodo.
I lavori sinodali mirano a fomentare la comune adesione alla dottrina salvifica e a stimolare tutti i fedeli alla sequela di Cristo. Poiché la Chiesa è “inviata al mondo ad annunziare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce”, il sinodo cura anche di favorire il dinamismo apostolico di tutte le energie ecclesiali sotto la guida dei legittimi Pastori. Nella convinzione che ogni rinnovamento comunionale e missionario ha come indispensabile premessa la santità dei ministri di Dio, non dovrà in esso mancare un vivo interessamento per il miglioramento del costume di vita e della formazione del clero e per lo stimolo delle vocazioni.
Il sinodo, quindi, non solo manifesta e attua la comunione diocesana, ma anche è chiamato a “edificarla” con le sue dichiarazioni e i suoi decreti. Occorre perciò che nei documenti sinodali venga operosamente accolto il Magistero universale e applicata la disciplina canonica alla diversità propria di quella determinata comunità cristiana. In effetti, il ministero del Successore di Pietro e il Collegio Episcopale non sono una istanza estranea alla Chiesa particolare, ma un elemento che appartiene “dal di dentro” alla sua stessa essenza ed è a fondamento della comunione diocesana.
In questo modo, il sinodo contribuisce anche a configurare la fisionomia pastorale della Chiesa particolare, dando continuità alla sua peculiare tradizione liturgica, spirituale e canonica. Il patrimonio giuridico locale e gli indirizzi che hanno guidato il governo pastorale sono in esso oggetto di accurato studio, al fine di aggiornare, ripristinare o completare eventuali lacune normative, di verificare il raggiungimento degli obiettivi pastorali già formulati e di proporre, con l’aiuto della grazia divina, nuovi orientamenti.

(da Congregazione per i Vescovi e Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, Istruzione sui Sinodi Diocesani)
IL SINODO DEI GIOVANI
In concomitanza con il Sinodo diocesano si svolgerà anche il Sinodo dei giovani. Non sarà quest’ultimo un Sinodo vero e proprio, ma un’iniziativa promossa dalla pastorale giovanile che vedrà i giovani come protagonisti di una stagione ecclesiale segnata dall’urgenza di promuovere la nuova evangelizzazione.
L’intento è grande: proporre la fede cristiana ai giovani affinché essi stessi si facciano carico di proporre la fede ai loro compagni e amici. Nei modi, nei tempi e con le iniziative tipiche della loro età, i giovani dovranno diventare protagonisti di una primavera della fede che tutti attendiamo con impazienza.
La Chiesa contemporanea, soprattutto con le Giornate Mondiali della Gioventù – tanto care e partecipate anche dai giovani cattolici di Trieste -, ha scoperto, con ammirato stupore, di quale potenziale di bene e di speranza siano capaci i giovani.
Con il loro Sinodo, i giovani cattolici di Trieste hanno l’opportunità di scrivere una pagina ecclesiale, nuova e stimolante, di passione per il Vangelo e di fede in Gesù Cristo.
Il Sinodo dei giovani sarà anche un’esperienza di preghiera, di catechesi e di comunione con il Signore, nella generosa disponibilità all’ascolto della sua chiamata, soprattutto se a qualcuno gli rivolgerà l’invito decisivo del Vieni e seguimi per una totale consacrazione.
Il Sinodo dei giovani sarà anche un’esperienza di amicizia cristiana e di fraternità: sarà un camminare insieme verso Gesù, sarà un camminare insieme con Gesù, nella Chiesa.


Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo – Vescovo di Trieste
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Linee per la preghiera personale e in famiglia

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Prima sessione – La Fede annunciata

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Seconda sessione – La Fede celebrata

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Dall’evangelizzazione alla catechesi. Alcune chiarificazioni terminologiche.
Prof. don Ubaldo Montisci, ordinario di Catechetica presso l’Università Pontificia Salesiana.
Intervento alla VI commissione.

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COS’È IL SINODO



Il canone 460 descrive il sinodo diocesano come “riunione (‘coetus’) di sacerdoti e di altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana”.


La finalità del sinodo è quella di prestare aiuto al Vescovo nell’esercizio della funzione, che gli è propria, di guidare la comunità cristiana.
Tale scopo determina il particolare ruolo da attribuire nel sinodo ai presbiteri, in quanto “saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati al servizio del popolo di Dio”. Ma il sinodo offre anche al Vescovo l’occasione di chiamare a cooperare con lui, insieme ai sacerdoti, alcuni laici e religiosi scelti, come un modo peculiare di esercizio della responsabilità, che concerne tutti i fedeli, nell’edificazione del Corpo di Cristo.
Il Vescovo esercita, anche nello svolgimento del sinodo, l’ufficio di governare la Chiesa affidatagli: decide la convocazione, propone le questioni alla discussione sinodale, presiede le sessioni del sinodo; infine, quale unico legislatore, sottoscrive le dichiarazioni e i decreti e ne ordina la pubblicazione.
Il sinodo è, in questo modo, “contestualmente e inseparabilmente, atto di governo episcopale ed evento di comunione, esprimendo così quell’indole di comunione gerarchica che appartiene alla natura profonda della Chiesa”. Il Popolo di Dio non è, infatti, un aggregato informe dei discepoli di Cristo, bensì una comunità sacerdotale, organicamente strutturata fin dall’origine conformemente alla volontà del suo Fondatore, che in ogni diocesi fa capo al Vescovo come principio visibile e fondamento dell’unità e unico suo rappresentante. Qualunque tentativo, quindi, di contrapporre il sinodo al Vescovo, in virtù di una pretesa “rappresentanza del Popolo di Dio”, è contrario all’autentica impostazione dei rapporti ecclesiali.

I sinodali sono chiamati a “prestare aiuto al Vescovo diocesano” formulando il loro parere o “voto” circa le questioni da lui proposte; tale voto è detto “consultivo” per significare che il Vescovo è libero di accogliere o meno le opinioni manifestate dai sinodali. Tuttavia, ciò non significa trascurarne l’importanza, quasi fosse una mera consulenza “esterna”, espressa da chi non ha alcuna responsabilità nell’esito finale del sinodo: con le loro esperienze e i loro consigli, i sinodali collaborano attivamente nell’elaborazione delle dichiarazioni e dei decreti, che verranno giustamente chiamati “sinodali”, dai quali il governo episcopale della diocesi ricaverà in futuro ispirazione.
Da parte sua, il Vescovo dirige effettivamente le discussioni durante le sessioni sinodali e, da vero maestro della Chiesa, insegna e corregge quando occorre. Dopo aver sentito i membri, a lui spetta il compito di discernimento, e cioè di “esaminare tutto e ritenere ciò che è buono”, nei confronti dei diversi pareri espressi. Sottoscrivendo, terminato il sinodo, le dichiarazioni e i decreti, il Vescovo impegna la sua autorità in tutto quanto in essi si insegna o si comanda. La potestà episcopale viene in questo modo attuata in conformità al suo significato autentico, e cioè non come imposizione di una volontà arbitraria, ma come un vero ministero, che comporta “ascoltare i sudditi” e “chiamarli a cooperare alacremente con lui”, nella comune ricerca di ciò che lo Spirito chiede nel momento presente alla Chiesa particolare.

Comunione e missione, in quanto aspetti inscindibili dell’unico fine dell’attività pastorale della Chiesa, costituiscono il “bene di tutta la comunità diocesana” che il can. 460 indica come scopo ultimo del sinodo.
I lavori sinodali mirano a fomentare la comune adesione alla dottrina salvifica e a stimolare tutti i fedeli alla sequela di Cristo. Poiché la Chiesa è “inviata al mondo ad annunziare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce”, il sinodo cura anche di favorire il dinamismo apostolico di tutte le energie ecclesiali sotto la guida dei legittimi Pastori. Nella convinzione che ogni rinnovamento comunionale e missionario ha come indispensabile premessa la santità dei ministri di Dio, non dovrà in esso mancare un vivo interessamento per il miglioramento del costume di vita e della formazione del clero e per lo stimolo delle vocazioni.
Il sinodo, quindi, non solo manifesta e attua la comunione diocesana, ma anche è chiamato a “edificarla” con le sue dichiarazioni e i suoi decreti. Occorre perciò che nei documenti sinodali venga operosamente accolto il Magistero universale e applicata la disciplina canonica alla diversità propria di quella determinata comunità cristiana. In effetti, il ministero del Successore di Pietro e il Collegio Episcopale non sono una istanza estranea alla Chiesa particolare, ma un elemento che appartiene “dal di dentro” alla sua stessa essenza ed è a fondamento della comunione diocesana.
In questo modo, il sinodo contribuisce anche a configurare la fisionomia pastorale della Chiesa particolare, dando continuità alla sua peculiare tradizione liturgica, spirituale e canonica. Il patrimonio giuridico locale e gli indirizzi che hanno guidato il governo pastorale sono in esso oggetto di accurato studio, al fine di aggiornare, ripristinare o completare eventuali lacune normative, di verificare il raggiungimento degli obiettivi pastorali già formulati e di proporre, con l’aiuto della grazia divina, nuovi orientamenti.

(da Congregazione per i Vescovi e Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, Istruzione sui Sinodi Diocesani)
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COS’È IL SINODO



Il canone 460 descrive il sinodo diocesano come “riunione (‘coetus’) di sacerdoti e di altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana”.


La finalità del sinodo è quella di prestare aiuto al Vescovo nell’esercizio della funzione, che gli è propria, di guidare la comunità cristiana.
Tale scopo determina il particolare ruolo da attribuire nel sinodo ai presbiteri, in quanto “saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati al servizio del popolo di Dio”. Ma il sinodo offre anche al Vescovo l’occasione di chiamare a cooperare con lui, insieme ai sacerdoti, alcuni laici e religiosi scelti, come un modo peculiare di esercizio della responsabilità, che concerne tutti i fedeli, nell’edificazione del Corpo di Cristo.
Il Vescovo esercita, anche nello svolgimento del sinodo, l’ufficio di governare la Chiesa affidatagli: decide la convocazione, propone le questioni alla discussione sinodale, presiede le sessioni del sinodo; infine, quale unico legislatore, sottoscrive le dichiarazioni e i decreti e ne ordina la pubblicazione.
Il sinodo è, in questo modo, “contestualmente e inseparabilmente, atto di governo episcopale ed evento di comunione, esprimendo così quell’indole di comunione gerarchica che appartiene alla natura profonda della Chiesa”. Il Popolo di Dio non è, infatti, un aggregato informe dei discepoli di Cristo, bensì una comunità sacerdotale, organicamente strutturata fin dall’origine conformemente alla volontà del suo Fondatore, che in ogni diocesi fa capo al Vescovo come principio visibile e fondamento dell’unità e unico suo rappresentante. Qualunque tentativo, quindi, di contrapporre il sinodo al Vescovo, in virtù di una pretesa “rappresentanza del Popolo di Dio”, è contrario all’autentica impostazione dei rapporti ecclesiali.

I sinodali sono chiamati a “prestare aiuto al Vescovo diocesano” formulando il loro parere o “voto” circa le questioni da lui proposte; tale voto è detto “consultivo” per significare che il Vescovo è libero di accogliere o meno le opinioni manifestate dai sinodali. Tuttavia, ciò non significa trascurarne l’importanza, quasi fosse una mera consulenza “esterna”, espressa da chi non ha alcuna responsabilità nell’esito finale del sinodo: con le loro esperienze e i loro consigli, i sinodali collaborano attivamente nell’elaborazione delle dichiarazioni e dei decreti, che verranno giustamente chiamati “sinodali”, dai quali il governo episcopale della diocesi ricaverà in futuro ispirazione.
Da parte sua, il Vescovo dirige effettivamente le discussioni durante le sessioni sinodali e, da vero maestro della Chiesa, insegna e corregge quando occorre. Dopo aver sentito i membri, a lui spetta il compito di discernimento, e cioè di “esaminare tutto e ritenere ciò che è buono”, nei confronti dei diversi pareri espressi. Sottoscrivendo, terminato il sinodo, le dichiarazioni e i decreti, il Vescovo impegna la sua autorità in tutto quanto in essi si insegna o si comanda. La potestà episcopale viene in questo modo attuata in conformità al suo significato autentico, e cioè non come imposizione di una volontà arbitraria, ma come un vero ministero, che comporta “ascoltare i sudditi” e “chiamarli a cooperare alacremente con lui”, nella comune ricerca di ciò che lo Spirito chiede nel momento presente alla Chiesa particolare.

Comunione e missione, in quanto aspetti inscindibili dell’unico fine dell’attività pastorale della Chiesa, costituiscono il “bene di tutta la comunità diocesana” che il can. 460 indica come scopo ultimo del sinodo.
I lavori sinodali mirano a fomentare la comune adesione alla dottrina salvifica e a stimolare tutti i fedeli alla sequela di Cristo. Poiché la Chiesa è “inviata al mondo ad annunziare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce”, il sinodo cura anche di favorire il dinamismo apostolico di tutte le energie ecclesiali sotto la guida dei legittimi Pastori. Nella convinzione che ogni rinnovamento comunionale e missionario ha come indispensabile premessa la santità dei ministri di Dio, non dovrà in esso mancare un vivo interessamento per il miglioramento del costume di vita e della formazione del clero e per lo stimolo delle vocazioni.
Il sinodo, quindi, non solo manifesta e attua la comunione diocesana, ma anche è chiamato a “edificarla” con le sue dichiarazioni e i suoi decreti. Occorre perciò che nei documenti sinodali venga operosamente accolto il Magistero universale e applicata la disciplina canonica alla diversità propria di quella determinata comunità cristiana. In effetti, il ministero del Successore di Pietro e il Collegio Episcopale non sono una istanza estranea alla Chiesa particolare, ma un elemento che appartiene “dal di dentro” alla sua stessa essenza ed è a fondamento della comunione diocesana.
In questo modo, il sinodo contribuisce anche a configurare la fisionomia pastorale della Chiesa particolare, dando continuità alla sua peculiare tradizione liturgica, spirituale e canonica. Il patrimonio giuridico locale e gli indirizzi che hanno guidato il governo pastorale sono in esso oggetto di accurato studio, al fine di aggiornare, ripristinare o completare eventuali lacune normative, di verificare il raggiungimento degli obiettivi pastorali già formulati e di proporre, con l’aiuto della grazia divina, nuovi orientamenti.

(da Congregazione per i Vescovi e Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, Istruzione sui Sinodi Diocesani)
Inno

INNO


Testo
mons. Giorgio Carnelos
(dalla “Preghiera in preparazione al Sinodo Diocesano” di S.E. mons. Giampaolo Crepaldi)

Musica
Marco Sofianopulo

Scarica l’inno del Sinodo Diocesano

Documenti Ufficiali
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APERTURA III ANNO DEL SINODO DIOCESANO



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