Il Dio della pace
ovvero
la pace tra Dio e gli uomini
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Se apro la Scrittura facilmente mi imbatto in pagine in cui Dio vuole la guerra, assume le vesti di guerriero, col suo braccio potente stermina eserciti e popoli, e il suo angelo arriva a far morire i primogeniti. Nel libro dell’Esodo o in quello di Giosuè, nei testi dei profeti o in quelli che narrano la storia di Israele. Si susseguono guerre e prepotenze in cui il Golia di turno vuole schiacciare il Davide che invece è sorretto dalla fede in Dio.
E Dio stesso interviene, ordina di fare guerre, di distruggere, di seminare morte. La stessa cosa la troviamo anche nei testi di altre religioni. E così facilmente gruppi ideologizzati ed estremisti strumentalizzano la Scrittura sacra per legittimare le loro battaglie, le loro guerre sante. E una lettura ingenua – che però vanta una lunga tradizione, ma quella con la minuscola, quella non fondata su un’attenta comprensione della bibbia – porta ad avallare estremismi e terroristi, guerre sante e infinite violenze. E in nome di Dio, accecati dal rancore ma autorizzati da una falsa religiosità, si giunge a commettere nuove stragi di innocenti, che si moltiplicano di continuo. Anche se gli Erode di volta in volta hanno divise militari di colore differente, di bandiere differenti.
Al centro della fede di Israele ci sta la Pasqua che è liberazione dall’Egitto, che si esprime nella forma dell’uccisione dei primogeniti d’Egitto e dell’esercito nel Mar Rosso.
"Voglio cantare in onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato, ha gettato in mare cavallo e cavaliere. 2 Mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato.
È il mio Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare! 3 Il Signore è prode in guerra, si chiama Signore. 4 I carri del faraone e il suo esercito ha gettato nel mare e i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mare Rosso (Esodo 15,1-4).
Dio vuole la salvezza del più piccolo tra tutti i popoli, del suo Israele. E lo scrittore biblico (la Parola di Dio è scritta in parole umane e dentro la cultura del tempo) sa dirlo con il linguaggio umano di quell’epoca e dunque sa dire la salvezza di Israele attraverso le uccisioni, le guerre vinte e la distruzione del nemico. La Divina Rivelazione ci dice che Dio salva il suo popolo, e questa è la verità che resta, non il lessico semita della guerra e dell’uccisione del nemico.
Tuttavia la cosa che più stupisce è che agli occhi dell’uomo, agli occhi del popolo eletto si interpreta che Dio stesso è un avversario, un nemico. Si coglie la vita come una battaglia, nella quale Dio non sta sempre dalla nostra parte. Arriva a mandarci eserciti stranieri, a punirci attraverso di essi, a infierire per correggere la nostra disobbedienza. Questo il problema di fondo: Dio è mio amico o mio nemico? Non si mette in discussione la sua esistenza, ma la sua bontà!
Non voglio irritare nessuno: so bene che ci sono tante pagine che esaltano la misericordia di Dio e ne cantano la meraviglia: eterna è la sua misericordia. Ma rimane che possiamo restare scandalizzati per le atrocità che pure la Bibbia ci descrive come (apparente) ordine di Dio. Si interpreta: è Dio che vuole queste uccisioni, questi stermini, queste guerre!!!
Diventa allora prioritario l’interrogativo: “ho capito quale è il progetto di Dio sull’umanità?”. In un’altra formulazione: “ho compreso che Dio mi è amico e non è in guerra contro di me ma sta dalla mia parte?”. “Ho compreso che l’essere cristiani, l’essere nella Chiesa è un onore, una vocazione all’amore e non un entrare in guerra contro qualcuno?”.
Certo che il cristiano è in lotta: è la lotta della conversione continua. Vive nel combattimento spirituale per vincere il peccato che ancora è in lui. E fortificato dalla grazia si ritrova a camminare sapendo che nel mondo cresce il buon grano ma anche la zizzania (Mt 13,25), e sarà così fino al termine della storia umana.
A mio parere bene sintetizza il Concilio, dandoci la chiave di lettura di come ci collochiamo dentro la questione del nostro rapporto con Dio, come Gesù ci ha rivelato:
“La Chiesa, nel dare aiuto al mondo come nel ricevere molto da esso, ha di mira un solo fine: che venga il regno di Dio e si realizzi la salvezza dell'intera umanità. Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all'umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa è «l'universale sacramento della salvezza» (LG 48) che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio verso l'uomo. Infatti il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui, l'uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale” (Gaudium et spes 45).
Dunque con San Paolo (Rom 5,1) possiamo dire: “siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. Ci siamo rappacificati con Dio. Non siamo più in guerra con lui!!! La Divina Rivelazione, in Gesù, ha tralasciato il riferimento alla guerra e alla violenza. Gesù è la riconciliazione dell’uomo con Dio: ora sappiamo definitivamente che Dio è dalla nostra parte. Ci ha dato tutto. Ci ha dato suo Figlio, l’Amato.
Non c’è più bisogno di sacrificare nessuno. Non c’è più bisogno di fare guerre (basta combattere l’Egitto, l’Assiria, Babilonia e Roma) e di distruggere i nemici e di cancellare il loro nome. Gesù si è sacrificato per noi: è l’Innocente ucciso, l’Amato dal Padre ma respinto dagli uomini.
Meravigliati per aver scoperto la volontà di Dio, la salvezza per tutti i popoli e per tutti gli uomini, contempliamo Dio che chiede il permesso a Maria di incarnarsi; Dio che si fa piccolo, si fa bambino; Dio che resta umile a Nazareth, uomo tra gli uomini: Dio tra gli uomini nell’ordinario povero e normale della vita (famiglia, lavoro, villaggio…). Ecco la pace tra Dio e gli uomini, e la pace tra gli uomini che si scoprono amati, che si ritrovano Dio che in Gesù si è fatto fratello, amico, maestro, Salvatore. Questo è il disegno di Dio per la terra e per l’umanità.
Occorre innanzitutto IMMAGINARE la pace: solo dopo possiamo cercare le strategie. La Scrittura ci racconta di tante guerre, ma ci fornisce anche la possibilità di immaginare la pace. Ed è da questa immaginazione che dobbiamo partire per aprirci a un progetto che non è irenismo a buon mercato, ma impegno, sacrificio, perdono… cioè un fare che ha un prezzo alto. Quello che il Crocifisso ci ha insegnato.
✠ Enrico Trevisi
Vescovo di Trieste