parallax background

Beata Vergine Maria di Fatima


DIOCESI DI TRIESTE


Beata Vergine Maria di Fatima


✠ Enrico Trevisi


Monte Grisa, 13 maggio 2025



Cari fratelli e sorelle, dragi bratje in sestre,
amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre

Nel nostro cammino giubilare, qui in questo Santuario, volgiamo oggi lo sguardo a Maria, Madre della speranza. Vorrei riproporvi alcuni pensieri di papa Francesco da una catechesi del 10 maggio 2017 che invitava a riflettere proprio su Maria Madre della speranza.
Papa Francesco comincia con l’affermare che Maria nei Vangeli è presentata come il personaggio di un dramma:

Non era semplice rispondere con un “sì” all’invito dell’angelo: eppure lei, donna ancora nel fiore della giovinezza, risponde con coraggio, nonostante nulla sapesse del destino che l’attendeva. Maria in quell’istante ci appare come una delle tante madri del nostro mondo, coraggiose fino all’estremo quando si tratta di accogliere nel proprio grembo la storia di un nuovo uomo che nasce.
Quel “sì” è il primo passo di una lunga lista di obbedienze – lunga lista di obbedienze! – che accompagneranno il suo itinerario di madre. Così Maria appare nei vangeli come una donna silenziosa, che spesso non comprende tutto quello che le accade intorno, ma che medita ogni parola e ogni avvenimento nel suo cuore.
Maria in silenzio medita, ascolta, accoglie, si fida di Dio. Sono tutte lezioni che anche noi dobbiamo imparare per vivere oggi la speranza. Vi consegno queste parole che mi sembrano molto eloquenti:
Maria non è una donna che si deprime davanti alle incertezze della vita, specialmente quando nulla sembra andare per il verso giusto. Non è nemmeno una donna che protesta con violenza, che inveisce contro il destino della vita che ci rivela spesso un volto ostile. È invece una donna che ascolta: non dimenticatevi che c’è sempre un grande rapporto tra la speranza e l’ascolto, e Maria è una donna che ascolta. Maria accoglie l’esistenza così come essa si consegna a noi, con i suoi giorni felici, ma anche con le sue tragedie che mai vorremmo avere incrociato. Fino alla notte suprema di Maria, quando il suo Figlio è inchiodato al legno della croce.

A dire il vero per tante pagine dei Vangeli Maria è assente. La vediamo rientrare alla fine, quando tanti discepoli e amici di Gesù lo hanno abbandonato. E invece ecco ricomparire la Madonna, la Madre, come abbiamo sentito nel Vangelo, proprio ai piedi della croce.
Le madri non tradiscono, e in quell’istante, ai piedi della croce, nessuno di noi può dire quale sia stata la passione più crudele: se quella di un uomo innocente che muore sul patibolo della croce, o l’agonia di una madre che accompagna gli ultimi istanti della vita di suo figlio. I vangeli sono laconici, ed estremamente discreti. Registrano con un semplice verbo la presenza della Madre: lei “stava” (Gv 19,25), Lei stava. Nulla dicono della sua reazione: se piangesse, se non piangesse … nulla; nemmeno una pennellata per descrivere il suo dolore… Stava lì, nel più brutto momento, nel momento più crudele, e soffriva con il figlio. “Stava”.

Maria “stava”, semplicemente era lì…. Non se ne è andata. Maria è lì, fedelmente presente, ogni volta che c’è da tenere una candela accesa in un luogo di foschia e di nebbie. Nemmeno lei conosce il destino di risurrezione che suo Figlio stava in quell’istante aprendo per tutti noi uomini: è lì per fedeltà al piano di Dio di cui si è proclamata serva nel primo giorno della sua vocazione.
Mi piace ripensare a Maria anche in mezzo ai discepoli, quelli che avevano paura, che avevano rinnegato. E lei lì nel cenacolo, come Madre di Speranza, lì mentre si impara a credere nella speranza, nel tempo in cui si rileggono i segni della risurrezione, si compiono i primi passi come testimoni del Crocifisso Risorto. Maria non lascia orfani gli apostoli. È lì con loro ad attendere lo Spirito Santo.
E Maria è presente in quella periferia del mondo, sul pendio della Cova d’Iria, quel 13 maggio 1917. Acconto a chi è umile, come i pastorelli di Fatima, dentro un’epoca di guerra fratricida. Accanto a chi sa pregare con semplicità e umiltà, come Lucia, Giacinta e Francesco. Ed essi accompagnati da Maria svolgono la loro missione, per quel tratto di vita – lunga o corta che sia – che è da spendere bene, come testimoni del Risorto. Alla scuola di Maria, madre della speranza anche nei tempi difficili.

Noi siamo qui e la nostra preghiera è segno di quell’anelito umile e perseverante che sale da tutta la Chiesa: certi che anche quando siamo sofferenti e ansiosi non siamo orfani. E con Maria siamo chiamati a svolgere la nostra testimonianza, nella nostra vita, lunga o corta che sia. Pellegrini di speranza.

Maria ci è Madre e ci insegna a fidarci di Dio, ad attendere che il suo Spirito Paraclito ci accompagni sulle strade della missione. E qui, in questo travaglio di epoca ferita, un po’ impauriti come gli apostoli ma anche incoraggiati dalla presenza di Maria, da Lei impariamo la speranza. Come i pastorelli di Fatima. Quella che ancora passa attraverso l’ascolto silenzioso della Parola di Dio (del suo progetto di amore e di salvezza). Da Maria impariamo l’accoglienza della Divina Grazia risanante che tramite i sacramenti continuamente ci raggiunge. Con Lei, con la Recita del Rosario, siamo allenati a fidarci di un Dio Amore che sempre ci accompagna e ci sollecita a rispondere con generosa carità verso tutti i fratelli.

Maria Madre della speranza ci porta ad essere segni di speranza specialmente per i fratelli più fragili, che sono anch’essi una ripresentazione umile ma veritiera dell’Emmanuele, del Dio in mezzo a noi.