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Veglia di San Giusto


DIOCESI DI TRIESTE


VEGLIA DI SAN GIUSTO


✠ Enrico Trevisi


Cattedrale di San Giusto, 2 novembre 2025



Si può spendere la vita per se stessi, consumandola nella ricerca dell’affermazione del proprio successo, nella rivalità continua, nella solitudine dell’arrampicarsi in chissà quale carriera, fatta di lavoro, potere, denaro, visibilità… ma il cuore prima o poi denuncia che abbiamo imboccato una strada pericolosa… l’essere l’uno contro l’altro!
Si può spendere la vita per se stessi, nell’ingorgo dei piccoli grandi piaceri: hobby, social, aperitivi, riti che diventano piccoli idoli a cui sacrificare impegni e responsabilità, per lasciarsi andare alla leggerezza dei consumi frivoli, appagati nei nostri sensi… ma il cuore prima o poi denuncia che abbiamo imboccato una strada sdrucciolevole… il non-senso, la pochezza del senso della vita! Perché la vita? Perché la morte? Perché la guerra? Dove la pace?

Si può spendere la vita per se stessi, nella gabbia di dover apparire, di una continua ricerca di consensi che privano di ogni libertà (i like, le visualizzazioni, l’invidia che gli altri provano nei nostri confronti), con relazioni falsate che ci bloccano in uno sdoppiamento di personalità: ma il cuore prima o poi denuncia che siamo vuoti, ipocriti, appesi alla superficialità, come una strada persa nella nebbia.

Si può spendere la vita avendo trovato una ragione per vivere e una ragione per morire, per dare la vita. Così è san Giusto. Così sono san Piergiorgio Frassati e san Carlo Acutis e il beato Francesco Bonifacio. E la ragione è Gesù, il Messia, il Dio con noi, il Figlio amato che passa per il tradimento dei suoi, per il rifiuto del suo popolo, per la vergogna della Croce. Cos’ha di bello questo Gesù? È uno sconfitto, un crocifisso, un perdente… che però ama e sconfigge la morte! E mi promette la vita, la mia vittoria sulla mia morte!

È un TU a cui guardare, un TU che mi parla e dunque da ascoltare, un TU con cui dialogare esponendo la nostra rabbia, la nostra paura, il nostro desiderio.
Chiediti davanti a Gesù: quale è il desiderio grande della tua vita? Per cosa vale la pena alzarti la mattina, faticare e sudare, spendendo il tuo tempo, i tuoi giorni, i tuoi anni? Cosa ti autorizza a sprecarti sapendo che la vita è fragile, che il tuo tempo è precario, che anche se non sai quando c’è il limite della morte?
Abbiamo ascoltato la lettera agli Efesini (Ef 2,13ss). Gesù è la nostra pace. Ha vinto l’inimicizia. Riconciliato i popoli. E nel suo nome uomini e donne non sono più stranieri e nemici ma arrivano a dare la vita per costruire un mondo fraterno, per sconfiggere il male con il bene, la violenza con il perdono, l’egoismo con la carità che si fondano in Cristo.
San Giusto non vive di illusioni. Di finzioni. Guarda la realtà, anche quella della morte. Era giovane e sapeva della provvisorietà della vita, della sua caducità, di questi nostri giorni limitati, di questo tempo scarso, della prepotenza del male che si esprime nella violenza e nell’aggressività di chi ti sta accanto. E ti schiaccia.
San Giusto non indietreggia. Ha trovato l’amore che consente di guardare al futuro con speranza, anche se davanti ci sono fratelli violenti e assassini. San Giusto resta fisso nell’amore, nell’amore per quel Dio che salva, per quei fratelli che sono da amare come ha fatto Gesù. Da perdonare. Per costruire strade di coraggiosa pazienza. Strade di pace. Strade di riconciliazione.

Avete scritto preghiere per la pace. Ma non chiediamo a Dio ciò che con il suo aiuto sta a noi compiere. Ecco perché è prezioso anche l’altro foglietto: e io come sto costruendo la pace? Quale il mio impegno concreto, fatto di scelte, di tempo speso, di una bellezza di incontri che vanno coltivati?

La pace la costruisci dal modo in cui tu incontri l’altro, e non lo usi ma lo accogli.
- Anzitutto lo vedi, o lo senti… I tuoi sensi captano una presenza che suscita interesse.
- Poi lo riconosci. Il tuo cuore e la tua mente si attivano perché accendono in te una responsabilità: la sua presenza ti chiede di prendere posizione.
- Ti fermi: il tuo programma cambia. Accetti l’incontro, per lo meno di mostri disponibile… poi una parte spetta all’altro, con le sue paure, fretta, apertura.
- Saluti: chiedi come sta, esprimi la gioia dell’incontro, cresce e si alimenta la tua compromissione, resti aperto alla riposta.
- Ascolti: l’altro è sempre nuovo in quello che sta vivendo e ha bisogno di essere riconosciuto per nome, per quello che sta vivendo, per le sue angosce e speranze… non per le formalità dei saluti! Ascoltare l’altro con le sue domande inquiete che mi compromettono.
- Riparti, perché la vita è fatta di incontri e di partenze… ma si riparte con le domande dell’altro, con le sue speranze, con le sue ferite che sono diventate un po’ tue… Riparti avendo accolto una persona che fa ricca la tua vita, la tua storia.


San Giusto lo pensiamo alla scuola di Gesù, capace di ripercorrere strade e incontri dietro a Gesù, in una via crucis che è fatta di preghiera, di solidarietà, di prossimità, ma anche di tradimenti, di angoscia, di perdono, di cadute, di inique accuse, di incontri spesso umilianti e talvolta consolatori, di amore testimoniato fino alla fine.
San Giusto mi insegna a parlare con Gesù dei miei sogni, delle mie paure, delle mie speranze, del mistero della morte. E ritrovo il coraggio di spendermi, il coraggio di fare scelte, il coraggio di prendermi cura della mia vita spirituale: l’amicizia con il Signore! La verità è che il nostro cuore ha bisogno di Lui, di Gesù, del suo amore e allora sarò capace di costruire la pace, di accogliere l’altro come un dono di Dio e non una minaccia.
E Gesù è venuto proprio per questo: per farci pregustare sulla terra la sua amicizia per poi darci in eterno il suo amore, nella comunione piena che passa anche attraverso le prove e la morte. Come San Giusto. Come Carlo Acutis, come Piergiorgio Frassati. Come Francesco Bonifacio.