DIOCESI DI TRIESTE
Veglia per migranti morti
✠ Enrico Trevisi
Trieste, 5 dicembre 2025
Dal Vangelo secondo Matteo. Mt 9,27-31
In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».
Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi.
Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.
Parola del Signore.
Cari fratelli e sorelle, dragi bratje in sestre,
La città è piena di luminarie che però talvolta confondono e frastornano, riducendo il Natale a mercato. La rendono come un grande luna park, ma in realtà siamo nelle tenebre. Ne è la riprova la solitudine, l’inverno demografico, la paura per l’altro e per il povero e la facile denigrazione con la quale lo si fa carpo espiatorio di tutti i mali. E anche la incapacità di guardare con un po’ di umanità a chi sta fuori e ha freddo, e non ha riparo, non ha casa… “Diventa normale ignorare i poveri e vivere come se non esistessero (Dilexit te 93). Ecco le tenebre del cuore… Il cristiano non seleziona… per lui contemporaneamente ci sono tanti fronti, tanti sofferenti, tante persone che ci chiedono il coraggio di fermarci, di prenderci cura: l’anziano, il disabile, la persona fragile psichicamente, il bambino, il giovane, il povero… e anche il migrante!
Siamo ciechi. Siamo nelle tenebre, al di là di tutte le luminarie. Sottolineo due ragioni.
1. Anzitutto perché la morte è la grande questione su cui dobbiamo fermarci a pensare. E la morte di questi giovani migranti ci interroga, come quella di tanti nel mondo. Pensiamo a quanti cristiani danno la vita per il Signore. E noi abbiamo il coraggio di dare la vita nell’amore di Cristo? Forse anche noi cristiani in questo frangente epocale abbiamo rimosso la questione della morte. Non la morte in generale, ma la nostra morte. La questione della nostra morte e per una ragione importante: vivere come Cristo. È più facile essere arrabbiati perché non ha senso che persone che scappano dal loro Paese, animati dalla speranza di una vita migliore, poi incontrino la morte assurda per la nostra chiusura ideologica o incapacità socio-politica di governare l’immigrazione, le povertà e le miserie. Ma questa è la seconda ragione della nostra cecità. La prima è che la morte ci pone a disagio. Ho conosciuto persone anche molto credenti che avevano terribilmente paura della loro morte, perché il buio della morte è un passaggio di solitudine, è un procedere per assoluta fede… nella consapevolezza della propria miseria. Il Natale ha a che fare con la morte: pensiamo alla strage degli innocenti… al fatto che appena dopo Natale ricordiamo il primo martire, Stefano. Gesù rischiara il tema della morte… è venuto per questo. Ma ci lasciamo guarire?
2. Siamo ciechi e non riusciamo a trovare una soluzione condivisa per affrontare la complessa problematica delle migrazioni, connessa a quella delle guerre sempre più croniche e delle grandi e assurde disparità economiche tra le persone e tra i popoli (che significa fuori dai denti l’inconcepibile divario tra i miliardari e i miliardi di persone che non hanno accesso alle cure e soffrono la fame). Siamo ciechi. Chi davanti a Dio può essere certo di avere la verità per risolvere e governare questi problemi tutti connessi e intricati?
Se anche noi non abbiamo la soluzione chiara ed evidente a questi grandi problemi… noi però abbiamo la fede che i due ciechi del Vangelo esibiscono con determinazione. Crediamo nel Signore Gesù. Lui è capace di darci la luce per qualche passo e nella direzione giusta, che non è la soluzione a tutte le guerre, o alle assurde ingiustizie e disuguaglianze, che non è la pretesa di avere le risposte esatte riguardo alla politica migratoria, ma è la luce che consente a noi di non abbruttire la nostra umanità e divenire insensibili di fronte ai fratelli che soffrono e alle loro speranze. Anzi l’incontro con loro ci porta far luce sulle nostre speranze!
Gesù ci ridona un po’ di luce. Guarisce la cecità che ci impedisce di vedere in chi soffre e spera un fratello e non un nemico, non un animale. Anzi siamo nel paradosso che gli animali sono più garantiti… se li si maltratta all’unanimità il parlamento fa leggi per proteggere il benessere animale. E invece i poveri e i disperati, creati a immagine e somiglianza di Dio, sono visti come nemici. Ma lo sappiamo che Dio ce ne chiederà conto! Cosa hai fatto di tuo fratello?
Gesù mi porta la luce: in quel migrante, in quel povero mi è dato di accedere all’incontro con il mistero divino. Con chiarezza dice:
lo avete fatto a me… non lo avete fatto a me… (Mt 25).
Noi questa luce la vogliamo accogliere, la chiediamo al Signore anche questa sera. La luce sul mistero della morte e della vita; e quella riguardo a una convivenza più umana, più giusta, più secondo il suo divino progetto e non le paure e le ideologie umane.
Diciamolo francamente: la vita presenta spesso tornanti imprevedibili e sappiamo che improvvisamente possiamo essere gettati dall’altra parte del confine, dall’altra parte della contesa: nasce un figlio disabile e improvvisamente ci si scontra con la burocrazia cieca che non vede il dramma della famiglia; si perde la guerra o arriva l’alluvione e si perde tutto; si fa un incidente e… da giovani e ricchi e prestanti si corre a fare il suicidio assistito. Dobbiamo avere il coraggio delle domande difficili. Gesù ci dona la luce: mettiti all’ultimo posto, quello del disabile, quello del povero che ha perso tutto, quello di chi ha fatto un incidente ed è disperato… (quello del colpevole che è in carcere lo tratto in altra predica).
“Il Vangelo è annunciato correttamente solo quando spinge a toccare la carne degli ultimi” (Dilexit te 48) dice papa Leone XIV. Gesù mi chiede di mettermi in quel posto di ascolto-prossimità-condivisione e mi assicura che lì lo incontro… e allora qualche miglioramento sulla condizione dei migranti e dei senza casa forse la troviamo: mi si apre uno sguardo diverso. Non sarà la soluzione definitiva… ma è un po’ di luce che nelle tenebre è già molto.
Non so se riusciremo ad evitare altre tragedie come quelle di questi giorni. So però che non possiamo avere la coscienza tranquilla se non facciamo la nostra parte. I due ciechi trasgrediscono la parola di Gesù e si mettono a gridare la luce che lui ha dato ai loro occhi. Gesù non vuole essere scambiato per taumaturgo: lui è venuto a dare luce ai nostri cuori, alle nostre intelligenze, a risvegliare la nostra umanità. Ora non abbiamo più l’equivoco (lui non porta via il mestiere ai dottori) e lui ci chiede di urlare l’esigenza di risvegliare l’umanità. Mettiamoci attorno ad un tavolo. Ascoltiamoci e qualche passo per dare sicurezza ai triestini e anche ai migranti…. lo troveremo! Gesù ci dona la luce. E noi qualche altro passo siamo chiamati a compierlo. Insieme. E anche le istituzioni abbiano il coraggio di cogliere che qualche idea per migliorare la situazione può venire dal basso…, ieri è venuta anche da Confindustria… e può venire anche da chi non ha potere… ma ascolta il Cristo ed è intimamente rischiarato dalla luce di Cristo che brilla riflessa nella carne degli ultimi. La città di Trieste ha bisogno di questa luce: portatela a tutti.