Interpretazione dello stemma
Lâornamento esterno caratterizzante lo stemma di un Arcivescovo, oltre ai venti fiocchi verdi pendenti ai due lati dello scudo, è la croce astile arcivescovile.
Tale croce, detta anche âpatriarcaleâ, a due bracci traversi, identifica appunto la dignitĂ arcivescovile: infatti, nel XV secolo, essa fu adottata dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi. Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello piĂš corto, volesse richiamare il cartello con lâiscrizione âINRIâ, posto sulla croce al momento della Crocifissione di GesĂš.
Il rosso è il colore dellâamore e del sangue: lâamore intenso e assoluto del Padre che invia il Figlio a versare il proprio sangue per noi; lâoro, metallo piĂš nobile, identifica la prima VirtĂš, la Fede; infatti è grazie alla Fede che possiamo comprendere appieno il messaggio dâamore e di pace che ci giunge dal Signore.
La stella è simbolo di Maria, Nostra Madre celeste, alla cui materna protezione il Vescovo affida il suo ministero.
La rosa costituisce riferimento alla cittĂ di origine dellâArcivescovo, Rovigo, la âCittĂ delle Roseâ; infatti il nome latino della cittĂ , Rodigium, deriva dal greco rhòdon, ossia rosa.
Lâalabarda dâargento è il simbolo di Trieste ed è conosciuta come âalabarda di San Sergioâ; infatti la tradizione narra che San Sergio, co-patrono di Trieste assieme a San Giusto, prestasse servizio in gioventĂš come ufficiale al servizio dellâimperatore Diocleziano. Convertitosi al Cristianesimo, in prossimitĂ del suo trasferimento in Siria e presagendo il suo prossimo martirio per aver abbracciato la nuova fede, promise ai triestini un segno che testimoniasse la sua morte imminente; dopo breve tempo, in concomitanza con la sua decapitazione, nella piazza centrale di Trieste cadde improvvisamente dal cielo una alabarda che venne gelosamente custodita dalla popolazione tergestina. Attualmente, tale prodigioso reperto, è tuttora conservato nel tesoro della Cattedrale di San Giusto e si dice che il ferro in cui è forgiata non arrugginisce mai e non tiene la doratura con cui piĂš volte in passato si è tentato di ricoprirla.