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Lunedì di Pasqua, in carcere


DIOCESI DI TRIESTE


Lunedì di Pasqua, in carcere


✠ Enrico Trevisi


Casa Circondariale “Ernesto Mari”, 1 aprile 2024



Pietro si alza e, ad alta voce, porta la sua prima testimonianza. È il giorno di Pentecoste: e parla di Gesù, di salvezza, di gioia. Da dove trae la sua forza. Lui aveva abbandonato Gesù. Aveva rinnegato Gesù. Forse che ha dimenticato il male che ha fatto? Io penso che per tutta la vita non ha potuto dimenticare il male che ha fatto: ma il guarire da quel male non significa non sentirne più il dolore, ma il non restarne nella gabbia, il non lasciarsi determinare dal male che aveva commesso. Pietro, che si sa amato da Gesù, torna ad essere libero di prendere in mano la sua vita e diventa testimone del Signore Gesù, il Redentore (che significa Liberatore). Gesù ci consente di riprendere in mano la nostra vita e di non restare nell’ingorgo dei sentimenti che paralizzano e impigriscono.

Anche Pietro poteva dirsi: ma non è tutta colpa mia. Io l’ho conosciuto che guariva il lebbroso, il paralitico, il cieco. Che moltiplicava i pani. E poi me lo sono trovato così debole, insultato, impotente che ho preso paura. Ho detto il vero: non lo conosco, non lo ri-conosco!

E tu poi cercare mille scusanti per giustificare la tua situazione. Certo che sei anche vittima. Ma potresti dirti: io però non sono come Pietro. Lui ha avuto davanti Gesù in carne ed ossa e lo ha abbandonato, rinnegato, tradito. E allora io ti dico: se Gesù ha ripreso Pietro, gli ha donato il suo perdono e lo ha reso suo testimone, a maggior ragione tu, per mezzo dell’amore di Dio che ti salva, puoi riprendere in mano la tua vita e farla diventare una testimonianza vera di Lui.

Il Signore non lo tiene lontano nessuno: non ci sono porte, muri, finestre, sbarre che lo tengano lontano. Lui è arrivato a te, in carcere e ha trovato uno spiraglio per incontrarti e parlarti e ti vuole suo testimone. Però ha bisogno che tu gli apra il cuore e allora tu diventerai uno spiraglio attraverso cui Lui arriva anche agli altri detenuti, anche agli altri che non credono.

Nel Vangelo le prime che corrono a portare il lieto annuncio che Gesù è vivo e risorto sono le donne. Per la cultura antica la testimonianza delle donne era meno attendibile di quella degli uomini. Ieri come oggi tanti pregiudizi e tante ingiustizie discriminano le persone. Eppure il Vangelo ci dice che le persone apparentemente meno adatte, meno adeguate per essere testimoni del Risorto sono quelle scelte; ed esse corrono per adempiere la loro missione. Non pensare che tu perché sei in carcere non abbia una tua missione da svolgere. Come Pietro, come le donne del Vangelo, rialzati e a voce forte (cioè con determinazione) riprendi in mano la tua vita e svolgi la tua missione per la quale Dio ti ha voluto. Non aspettare quando sarai fuori dal carcere. “Corri”, cioè inizia subito senza esitare con le persone che hai accanto. E se qualche volta perderai la pazienza, ti arrabbierai, sarai di nuovo deluso di te: non aspettare, rialzati, lasciati di nuovo raggiungere dal Signore che mai ti abbandona.

Nel Vangelo troviamo anche una cospirazione, un ingarbuglio di menzogne che confondono: si è indotti a testimoniare il falso per depistare dalla verità della Risurrezione. Anche noi oggi siamo spesso confusi e disorientati e facciamo fatica a comprendere e distinguere il vero e il falso, anche di noi stessi e della nostra storia.

A volte possiamo anche essere scoraggiati, sentirci persi, falliti. Eppure nessuno potrà mai impedirti di riaccendere il tuo incontro con il Signore. La preghiera è questo. Papa Francesco dice che è come il respiro della vita. Se non respiriamo ci manca l’ossigeno, ci manca la vita. La preghiera è rivivere la vicinanza del Signore che ti ama, che ti incoraggia, che mai ti abbandona.

Coltiva la tua preghiera, cioè il tuo rapporto personale con Gesù: e ritroverai forza, speranza, consapevolezza del valore di chi tu sei agli occhi di Dio. Fa diventare la tua preghiera benedizione per i tuoi cari lontani. Come tu sei ancora un benedetto da Dio, così la tua famiglia sia da, attraverso di te, nella benedizione di Dio. E allora rialzati, risorgi, prendi in mano la tua vita: il tuo dolore è guarito non perché non lo senti più, ma perché a determinare l’uomo / la donna che tu sei non è la rabbia o il dolore ma il fatto che nella tua libertà svolgi la tua missione. Sei un testimone dell’amore di Dio.