DIOCESI DI TRIESTE
IL GIUBILEO NELLE CARCERI
Trieste, 14 dicembre 2025
Il carcere, o Istituto di pena, è uno spazio ristretto in cui i detenuti sono sottoposti a una pena, perché facciano ammenda dei loro torti. La pena-punizione è il modo con cui la società vuole proteggersi e indurli a redimersi. È inutile girarci attorno: da parte di tanta gente c’è una gran voglia di fargliela pagare, di dare spazio a risentimento e ritorsione. Purtroppo, il trattare male i detenuti può persino creare consenso: ma sappiamo che quando la politica ha ceduto agli umori giustizialisti ha debordato in semplificazioni. E in ogni caso tornano le domande: se in carcere puniamo chi non rispetta la legge… come possiamo noi avere carceri che non rispettano le leggi? E non per colpa dei Direttori e della Polizia Penitenziaria – a cui va tutta la nostra solidarietà per l’impegno profuso – ma perché la gestione politica delle carceri è retta da normative e direttive che portano a una punizione-castigo che contrasta con le Leggi emanate dal Parlamento, come anche alle Convenzioni sottoscritte dal nostro Paese.
In questi ultimi giorni, nel pieno del Giubileo delle Carceri, in Italia altri 4 detenuti sono morti. La situazione anche a Trieste è assai critica, sommamente difficile. Alcune celle sono in ristrutturazione, il sovraffollamento è cronico, mancano spazi per quelle attività che pure la normativa prevede, e da ultimo anche la Chiesa del carcere è stata interdetta: da sempre è stata utilizzata da quella medesima scala che ora improvvisamente non la si ritiene più a norma (anche se a memoria di uomo mai nessuno in essa si sia fatto male). E non si vedono soluzioni.
Il carcere è luogo di punizione ma anche di riabilitazione, di riscoperta dei valori fondanti della nostra civiltà e cultura, e che vanno riaffermati e praticati. In essi si dovrebbe recuperare una speranza per una giustizia da tutti praticata. È di capitale importanza che in essi si possa sperimentare che nella pena-punizione c’è rispetto per la legalità e per la dignità umana, e non un circolo vizioso di vendette e ritorsioni per il male commesso.
Succede per i malati: la gran parte di pazienti è affetta da comorbidità, cioè è affetta contemporaneamente da più patologie che rende difficile il recupero e la guarigione. Così è dei detenuti: oltre alle loro responsabilità individuali, spesso ci sono molte concause che rendono la situazione unica e complessa (pensiamo ai disagi psichiatrici, alla dipendenza da stupefacenti, al tasso di stranieri con la mancanza di reti di supporto per le questioni più elementari…).
Non siamo in un mondo fantastico e ingenuo. Siamo dentro una realtà complessa in cui nessuno ha la bacchetta magica. Ma possiamo aiutarci: e anche le Istituzioni – senza delegare alcuna loro responsabilità e dovere – possono giovarsi dell’aiuto che proviene dalla società. Convintamente siamo per una cultura della legalità, che non contrasta con la solidarietà e la clemenza, ma esige una compromissione con i valori della nostra civiltà e della nostra tradizione cristiana.
Si tratta di sciogliere alcune incomprensioni, snellire alcune burocrazie che impediscono ciò che pure altre normative prevedono, e dei principi dettati non solo dal Vangelo ma anche dalla Costituzione. Si tratta di parlarsi e ascoltarsi. Come di fronte a tante altre questioni complesse. Che il Giubileo dei detenuti porti almeno a questo. Non sprechiamo energie e forze perché di mezzo c’è il bene e la dignità delle persone e della società. E qualche idea, se torniamo a parlarci fuori dalle ideologie ma nella stima reciproca, potrà essere condivisa. Un qualche passo che non è la soluzione del problema delle carceri, ma è la via della speranza che siamo chiamati a percorrere.
Nel Vangelo di oggi Giovanni Battista è in carcere (e in esso verrà ingiustamente ammazzato). Invia suoi discepoli da Gesù, a parlare con Gesù: è anche lui bisognoso di speranza. Cogliamo il grido di speranza che anche dai nostri carcerati proviene: possano cogliere in noi la possibilità di un riscatto, di una redenzione, di una punizione che poi evolve opportunità per rimediare al male compiuto, in un futuro che consente una vita nuova. Cristo è venuto per questo. Per tutti noi. Anche per i detenuti.
✠ Enrico Trevisi
Vescovo di Trieste