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In memoria di Giuseppe Bono


DIOCESI DI TRIESTE


IN MEMORIA DI GIUSEPPE BONO


✠ Giampaolo Crepaldi


Cattedrale di San Giusto, 23 novembre 2022



Distinte Autorità, cari amici!

1.      Siamo riuniti attorno all’altare del Signore, raccolti nella preghiera di suffragio, per fare degna memoria di Giuseppe Bono, un uomo che – nella nostra Trieste, a livello nazionale e internazionale – è ricordato, con ammirazione e gratitudine, per avere guidato, con singolare lungimiranza imprenditoriale, la Fincantieri. La prese in mano che era notoriamente malmessa e la lasciò, vent’anni dopo, completamente rinnovata come una delle realtà industriali italiane più riuscite, facendole conquistare posizioni di primo piano. Il segreto di questo indubbio successo fu questo: non si servì della Fincantieri, ma la servì con tutto se stesso, difendendola sempre da ingerenze indebite e perniciose. E il brano del Vangelo che è stato appena proclamato – il Vangelo dei talenti – è lì a dirci come Giuseppe Bono nella sua vita di servitore dello Stato non imitò quel servo pauroso che, al ritorno del padrone, gli restituì la mina senza i dovuti interessi, ma seppe e volle spendere i talenti che il Signore gli aveva dato con una straordinaria capacità di metterli a frutto, di investire, di rischiare sempre qualcosa di grande. La mediocrità non era nelle sue corde, ma da uomo magnanime era consapevole che chi costruisce la propria vita senza spenderla per qualcosa di importante non può godere di nulla e raccoglie il vuoto.

2.         Cari amici, dopo la morte di Giuseppe Bono ci fu un concorde coro di estimatori che sottolineò il valore della sua persona, della sua opera e della sua eredità. Le alcune volte che ebbi la fortuna di incontrarlo ed ascoltarlo rimasi anch’io colpito soprattutto da alcune sue convinzioni. La prima: a fare l’impresa non sono solo le macchine, le risorse materiali o le strutture, ma sono soprattutto le persone; sono le qualità personali e le virtù morali come il coraggio, la fortezza, l’intraprendenza, l’affidabilità, la capacità di iniziativa e di imprenditorialità. La seconda: il valore dell’impresa è sociale. Si riferiva non solo al fatto che l’impresa è di per sé un fatto sociale in quanto è una risposta non individuale al bisogno di beni economici, ma al fatto che la ricchezza sociale dell’impresa si nutre, in una osmosi fittissima, della ricchezza dell’intero tessuto sociale di appartenenza. Le virtù civiche, la tenuta dei vincoli familiari, i comportamenti improntati a moralità e a civismo, i legami di reciprocità nella società civile, la buona amministrazione nelle istituzioni producono effetti anche economici di notevole entità dentro e fuori l’impresa. Una volta mi confidò che l’impresa non è mai l’unica protagonista dei propri successi, né l’unica colpevole dei propri insuccessi. Ecco qualche aspetto della preziosa eredità di Giuseppe Bono: nel fare impresa si deve riservare una cura – quotidiana, attenta e tenace – al suo capitale umano e al suo capitale sociale. Di questo e per questo, lo ringraziamo di cuore.