parallax background

Religione e laicità dello Stato


DIOCESI DI TRIESTE


Religione e laicità dello Stato


✠ Enrico Trevisi


Intervento alla presentazione del volume Trieste mistica
fotografie di Gabriele Crozzoli, testo prof. Fulvio Longato, edizioni Antilia


Auditorium Museo Revoltella, 12 marzo 2024



A lungo l’Occidente è stato impregnato dalla cultura religiosa cristiana. Tutto era in qualche modo espresso attraverso categorie religiose: il pensiero, l'ethos e la morale, l'arte ma anche il diritto e l'organizzazione sociale. La tradizione ebraico-cristiana, recependo anche l’eredità del mondo greco e romano ha plasmato il vivere, pur nelle contraddizioni di ogni epoca storica che resta sempre assai distante dal Vangelo. Un po’ alla volta e per diversi fattori (la fine dell’unità religiosa e le conseguenti guerre, lo sviluppo tecnico-scientifico, la riscoperta del mondo classico, l’illuminismo…) si è operata una distinzione-divisione tra religione e laicità dello Stato. Da altre parti (es. in molti Paesi mussulmani ma per certi versi anche in India) la religione dominante ancora impernia e predetermina lo Stato e la cultura (e dunque il diritto, la morale, le Istituzioni…) e talvolta con esiti ancora violenti.

A dire il vero il cristianesimo non sempre si è espresso in una forma di cristianità culturale: pensiamo là dove è sempre stato ed è ancora minoranza, come in Africa o in Cina... Oggi in Occidente, le varie confessioni religiose, e anche l'Islam, devono misurarsi con la loro capacità di esserci senza avere il ruolo di dirigere le varie dimensioni della cultura (pensiero, morale, organizzazione sociale, diritto, arte...). Oggi non c'è più una religione di Stato, una religione che domina sulle altre: il pluralismo religioso, la libertà di coscienza, il diritto di scegliere la propria fede religiosa o di proclamarsi agnostici o atei obbliga le religioni anche qui a ripensarsi in rapporto alla società e allo Stato.

Per molto tempo la Chiesa si è opposta a questo stravolgimento che la modernità ha provocato. Con il Concilio Vaticano II possiamo invece non solo cogliere un nuovo rapporto tra Chiesa e mondo, tra Chiesa e Stato, tra le diverse confessioni cristiane e le altre religioni, ma possiamo addirittura cogliere che questa distinzione è una possibilità nuova di libertà anche per la Chiesa: la libertà di annunciare il Vangelo senza dover immediatamente trovare le forme giuridiche e le Istituzioni che storicamente lo incarnino (riconoscendo che sempre ci sarà una enorme distanza tra Vangelo e sua incarnazione-traduzione in istituzioni e norme giuridiche). Non sta alla Chiesa ma ai laici cristiani in quanto cittadini ispirati dalla loro fede tentare di mediare e incarnare la visione cristiana dentro la società e attraverso le regole del consenso democratico. Alla Chiesa e al suo magistero spetta dare principi, orientamenti e prospettive, tramite la dottrina sociale della Chiesa.

Tuttavia non c’è solo la laicità, ma anche un certo laicismo/secolarismo che vorrebbe restringere la dimensione religiosa alla sfera del privato: una religione da rinchiudere nelle sagrestie e nel culto. Questa pretesa tradisce una incomprensione della religione: un credente è simultaneamente cattolico e anche cittadino; musulmano e pure cittadino. L’essere credenti significa avere una visione dei rapporti sociali, delle relazioni interpersonali, un proprio giudizio sul vivere sociale: non si può separare il culto dalla vita, la fede dalle responsabilità sociali.

Ma anche per una società secolare laica restringere la dimensione religiosa alla sola questione privata è un impoverimento: constatiamo che il diminuire del senso religioso della vita non ha portato ad una maggiore libertà e a una maggiore felicità. Le persone si trovano spesso in balia di mille condizionamenti: quelli per esempio del mercato o delle mode passeggere o delle ideologie… Tutti constatiamo la solitudine e il crescere dell’ansia e della depressione: anche nei ragazzi e nei giovani. Tante persone (di ogni età e condizione sociale) faticano a dare un senso alla propria esistenza: la felicità non è semplicemente l'abbondanza dei beni da consumare o un successo precario con cui superare gli altri. Tutti sperimentano la loro fragilità che mette in crisi. Le religioni (pur non avendone l’esclusiva, pur non avendo in questo il monopolio) aiutano a coltivare l’interiorità, una spiritualità, a dare una pregnanza alle relazioni di gratuità. Le religioni possono dare un apporto specifico laddove la razionalità economica o scientifica o tecnica non sono in grado di dare risposte adeguate all'inquietudine della ricerca umana sulle grandi domande della vita. Possono aiutare là dove la povertà di senso porta alla disperazione, alla noia del vivere, all’angoscia dell’essere.

Ma c'è un ulteriore significativo apporto che le regioni possono dare alla società secolare e laica. Esse contribuiscono a dare un fondamento di trascendenza alla società, evitando che tutto si riduca a meccanismi burocratici o di potere per ottenere il consenso e dunque la maggioranza. Non tutto può essere sempre mediato e contrattato dai rapporti di forza: anche nelle democrazie laiche/secolari c'è un'esigenza di giustizia che rimanda ad un fondamento ulteriore (spesso codificato nelle Carte costituzionali) che richiede una fiducia reciproca, uno sbalzo di libertà su dei valori che non possono essere semplicemente mediati. Questo apporto di trascendenza redime la libertà delle persone e la loro coscienza dalla semplice contrattazione di forza e di numeri e di maggioranze. Ma qui si dà anche l'apporto specifico di ogni singola e differente religione.

Esemplifico con la religione cristiana: essa con il principio dell'incarnazione – cioè di un Dio che si è fatto uomo – ci porta a sottolineare la stima per ogni essere umano (e non riduttivamente come si è fatto nel regime di cristianità in una dottrina che attraverso regole si impone alla razionalità) ma è un cammino, una traccia: l'umano è espressione del Divino perché il Divino ha scelto di farsi umano. Il Verbo si è fatto carne: e in questo modo l’apporto della religione allo Stato laico diventa una provocazione a dilatare la razionalità attraverso la spiritualità. L’afflato mistico previene il pericolo che gli algoritmi si sostituiscano alla libertà degli uomini.

La religione infine consente di relativizzare le realtà secolari, mondane, laiche: in qualche modo pone una riserva critica, una relativizzazione nei confronti delle varie Istituzioni secolari che ambiscono a divenire assoluti, dittature, autoritarismi, autocrazie, idoli. Anche in Occidente c’è il rischio della dittatura della maggioranza (magari ottenuta con la seduzione di qualche algoritmo dell’intelligenza artificiale) che reprime l'obiezione di coscienza, che vorrebbe schiacciare il cittadino impedendogli di dissentire in nome della sua coscienza. Ecco che avere un'istanza mistica, spirituale che relativizza gli assolutismi mondani diventa un valore aggiunto per tutti, anche per la laicità dello Stato, anche per la razionalità tecnica.