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Giubileo del Mondo della Comunicazione


DIOCESI DI TRIESTE


Giubileo del Mondo della Comunicazione


✠ Enrico Trevisi


Cattedrale di San Giusto, 21 gennaio 2025



Come è noto il messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2025 non è ancora stato pubblicato, se non per il tema: «Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori» (1Pt 3,15-16). Però vorrei parlare di mitezza e di speranza rifacendomi ad alcuni testi papa Francesco, proprio da precedenti suoi messaggi al mondo della comunicazione.
Nel 2014 aveva affermato:

“La cultura dell’incontro richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio.
Esistono però aspetti problematici: la velocità dell’informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un’espressione di sé misurata e corretta. La varietà delle opinioni espresse può essere percepita come ricchezza, ma è anche possibile chiudersi in una sfera di informazioni che corrispondono solo alle nostre attese e alle nostre idee, o anche a determinati interessi politici ed economici. L’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso”.

Il Papa faceva poi un’osservazione che era rivolta all’interno della Chiesa ma che mi pare pertinente per tutti:

“Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute”.

Invece nel messaggio del 2015 si insisteva sulla necessità di non limitarsi a dare informazioni, ma anche di reimparare a raccontare:

“La sfida che oggi ci si presenta è, dunque, reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione. E’ questa la direzione verso cui ci spingono i potenti e preziosi mezzi della comunicazione contemporanea.
L’informazione è importante ma non basta, perché troppo spesso semplifica, contrappone le differenze e le visioni diverse sollecitando a schierarsi per l’una o l’altra, anziché favorire uno sguardo d’insieme”.

Nel messaggio del 2017 il Papa invece vuole dare un contributo

“alla ricerca di uno stile comunicativo aperto e creativo, che non sia mai disposto a concedere al male un ruolo da protagonista, ma cerchi di mettere in luce le possibili soluzioni, ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia. Vorrei invitare tutti a offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo narrazioni contrassegnate dalla logica della 'buona notizia'“.

Certo per noi cristiani la buona notizia è Gesù Cristo, il Dio con noi, Lui è il fondamento della speranza. Un futuro positivo perché Dio non ci abbandona, non ci lascia soli.
Vorrei però invitare a pensare come anche dietro notizie tragiche ci sono modalità di raccontare le cose in uno stile pasquale. Prendiamo la morte di Luca, il giovane di 20 anni che muore in auto con i genitori e che diventa per centinaia e centinaia di persone l’occasione di un ripensamento, di un incontro, di uno stringersi gli uni accanto agli altri. Baskin, Oltre quella sedia, Calicanto, Scout, parrocchia Ss. Pietro e Paolo… amici da tutte le parti… Possiamo raccontare la bravata di due ubriachi in qualche piazza… o possiamo raccontare storie di solidarietà, di amicizia.
Ma potrei raccontare il pellegrinaggio dei preti a Sarajevo e a Belgrado: Chiese che si incontrano e stringono relazioni di rispetto. O il Forum delle Religioni per la Pace dei Paesi dei Balcani che si è tenuto a Capodistria nel giugno 2023 e che si terrà ancora nel giugno 2025. A Trieste nessuno se ne è accorto.
Nel messaggio del 2020 papa Francesco invece diceva che non tutte le storie sono buone:

“«Se mangerai, diventerai come Dio» (cfr Gen 3,4): la tentazione del serpente inserisce nella trama della storia un nodo duro da sciogliere. “Se possederai, diventerai, raggiungerai…”, sussurra ancora oggi chi si serve del cosiddetto storytelling per scopi strumentali. Quante storie ci narcotizzano, convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare. Quasi non ci accorgiamo di quanto diventiamo avidi di chiacchiere e di pettegolezzi, di quanta violenza e falsità consumiamo. Spesso sui telai della comunicazione, anziché racconti costruttivi, che sono un collante dei legami sociali e del tessuto culturale, si producono storie distruttive e provocatorie, che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza. Mettendo insieme informazioni non verificate, ripetendo discorsi banali e falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio, non si tesse la storia umana, ma si spoglia l’uomo di dignità”.

Sulla trama di racconti di pura informazione tergestina sul web gli utenti inseriscono commenti di una violenza inaudita, di una superficialità crudele, di una falsità e generalizzazione che istigano all’odio.
È nobile l’intenzione del suscitare dibattiti e confronti; e tuttavia in questo frangente mi domando se lasciare aperti canali così violenti di commenti non diventi una ingenua complicità a creare una società in cui regna la diffidenza, la paura, la disperazione.
La mitezza che genera speranza ha bisogno di stili e di strumenti. A priori nessuno conosce la strada, ma insieme ci si può aiutare a trovarla.