parallax background

Celebrazione per l’apertura del nuovo anno pastorale

 
 

Diocesi di Trieste

Apertura anno pastorale 2020-2021


✠ Giampaolo Crepaldi


Cattedrale di San Giusto, 20 settembre 2020




Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre,
1. L'Anno pastorale 2019/2020 è stato funestato dalla pandemia da Covid-19 che ha costretto a interrompere, a partire dal mese di marzo, la vita ordinaria e ordinata delle nostre comunità cristiane per lasciare poi il posto a una lenta e incerta ripresa della dimensione sacramentale, di quella formativa e relazionale. La pandemia è stata e continua ad essere un’esperienza collettiva, inedita e coinvolgente, che ha sollevato nel cuore di tutti una serie di interrogativi ai quali risulta difficile ora dare una risposta. Essa, infatti, con le acute incertezze che suscita, continua a proiettare le sue ombre anche sul nuovo Anno pastorale che oggi avviamo con questo incontro di preghiera promosso per chiedere al Signore Gesù la grazia della luce e della speranza. Come sempre nei momenti difficili della Chiesa, è bene andare a cercare rassicurazione in Lui e programmare il cammino futuro con Lui. Vanno in questa direzione le brevi ma dense parole che l’Apostolo Paolo, fedele pastoree zelante evangelista, scrisse da Efeso alla comunità cristiana di Corinto, rivolgendosi a “tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo” (v. 2). Paolo si rivolge a una comunità provata da vari e gravi problemi. Ma, prima di affrontarli, l’apostolo ricorda a quei credenti le loro ricchezze spirituali, attribuendole alla grazia di Dio (vv. 4,5). È questa la condizione indispensabile per incitarli a vivere l’esperienza della fede con responsabilità e a prendere sul serio la loro vita cristiana, cercando proprio di valutare gli inestimabili privilegi di cui sono i fortunati destinatari. È un messaggio che interpella anche noi chiamati a coltivare, con fede e fiducia, la consapevolezza che Dio non ci abbandona e che anche le prove più dure possono portare frutti di grazia.
2. Predragi bratje in sestre, pur nell’oggettiva difficoltà di indicare con sicurezza puntuali iniziative per l’Anno pastorale 2020/2021, sento tuttavia il dovere di invitarvi a prestare la vostra attenzione ad alcuni ambiti che mi sembrano particolarmente significativi. Con la prima domenica di Avvento, il 29 novembre di quest’anno, entrerà obbligatoriamente in uso il Messale nella sua terza edizione. Il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, che il 28 agosto scorso ha presentato la prima copia del Libro liturgico al Santo Padre Francesco, ha affermato che “La riconsegna del Messale diventa un’occasione preziosa di formazione per tutti i battezzati, invitati a riscoprire la grazia e la forza del celebrare, il suo linguaggio – fatto di gesti e parole – e il suo essere nutrimento per una piena conversione del cuore”. Nella prospettiva delineata dal Card. Bassetti, la riconsegna del Messale diventa un’opportunità pastorale di catechesi e formazione liturgica che va colta anche dalla nostra Chiesa diocesana, tenendo sempre presente che non abbiamo a che fare con un nuovo Messale, ma con la terza edizione dello stesso. Dopo tante Messe in TV, in streaming ecc…, la riconsegna del Messale diventa anche un incentivo a convincere il popolo cristiano a tornare in chiesa a celebrare l’Eucaristia con un cuore purificato, con uno stupore rinnovato, con un accresciuto desiderio di incontrare il Signore, di stare con lui, di riceverlo per portarlo ai fratelli con la testimonianza di una vita piena di fede, di amore e di speranza. Il Signore ci conceda la grazia di fare nostra la testimonianza dei fratelli martiri di Abitene agli inizi del IV secolo, i quali risposero ai loro giudici con serena determinazione, pur di fronte a una sicura condanna a morte: Sine Dominico non possumus.
3. Carissimi fratelli e sorelle, il secondo ambito che richiamo alla vostra attenzione è quello della catechesi e della formazione. La programmata pubblicazione del Direttorio è per ora rimandata a tempi pastorali più ordinati. La catechesi – e, in genere, l’attività formativa -deve restare come un compito pastorale non eludibile dalle nostre parrocchie. Perché? Essa ci consente di tenere desta una domanda che ci deve sempre accompagnare: cosa vuol dire essere “cristiani” oggi? Essa soprattutto richiama al dovere ecclesiale dell’evan­gelizzazione, cioè ad esprimere in termini sempre attuali la lieta novella del mistero pasquale: il Signore Gesù, crocifisso per amore, è veramente risorto. Que­sto è il cuore dell’evangelo. In quest’ottica, evangelizzare significa creare le condizioni perché ogni perso­na si lasci amare dal Signore Gesù, Crocifisso e Risorto, e così impari a sua volta ad amare gli altri. In questo orizzonte, durante il lockdown, abbiamo avuto l’ennesima conferma di quanto sia delica­ta e fondamentale la missione evangelizzatrice delle famiglie. È arrivato il tempo di riflettere anche nella nostra Chiesa diocesana non solo di come coinvolgere le famiglie nella catechesi, ma di assumere la catechesi nelle famiglie. La comunità parrocchiale deve pertanto essere molto attenta nell’offrire strumenti adeguati per vivere la fede in casa: la preghiera familiare e l’ascolto della Parola vanno sostenuti at­traverso sussidi semplici, suggerimenti per il coinvolgimento del nucleo fami­liare con pratiche di vita evangelica ed iniziative di carità. Il servizio dei cate­chisti – ai quali ho recentemente inviato un messaggio di incoraggiamento – non sostituisce, ma sostiene il mandato missionario degli sposi e dei genitori. Su questa linea si pone anche il messaggio che ho inviato questa settimana agli insegnanti di religione cattolica che si trovano impegnati in una difficile ripresa dell’attività didattica pubblica e privata.
4. Predragi bratje in sestre, un terzo doveroso richiamo è quello della carità soprattutto se ci soffermiamo a prendere in debita considerazione gli effetti negativi della pandemia sui nuclei familiari, sul tessuto produttivo, sul mondo del lavoro, sulle persone fragili ed emarginate. La nostra Chiesa è stata capace, anche nella fase più acuta della crisi pandemica di una generosa risposta di carità con le iniziative della Caritas diocesana che ringrazio sentitamente, con iniziative promosse da sacerdoti e parrocchie in maniera spontanea, con l’istituzione del Fondo Mons. Ravignani. Anche la carità intellettuale, sociale e politica ci deve stare a cuore. In questa fase storica mi sembra essenziale, infatti, che la nostra Chiesa sia particolarmente pronta nel testimoniare sempre e con forza in primo luogo il valore assoluto della persona umana in ogni suo momento e condizione. Questa pandemia ha portato l’attenzione, in particolare, sulla condizione degli anziani all’interno della nostra organizzazione sociale, ai quali la nostra Commissione per la Salute ha riservato un importante documento. Manteniamo sveglia ora questa vigilanza, senza trascurare altre condizioni di debolezza, come la tragedia degli aborti che nel silenzio continuano a compiersi. In secondo luogo va proposto il ruolo insostituibile della famiglia. Essa, oltre che cellula primordiale della società, è il nucleo umano che più ne assorbe le tensioni e le fatiche. Se cede la famiglia si sfilaccia ogni altra relazione e istituzione. Essa è la rete che da sempre tiene unito, vivo e operoso il nostro popolo. Per questo ha diritto, in questa fase, ad un’attenzione e ad un sostegno prioritari da parte delle istituzioni civili come delle comunità cristiane, condividendone le preoccupazioni per il futuro, le incertezze lavorative ed economiche, l’impegno per l’educazione dei figli, temi affrontati con lungimiranti documenti dalle Commissioni diocesane per il lavoro e per la scuola. Anche l’ambito della scienza ci deve essere caro. Lo abbiamo visto durante ESOF2020, quando il lavoro di convincimento del nostro Laboratorio Fede-Scienza è riuscito a portare a Trieste il Segretario di Stato Card. Pietro Parolin che ha offerto una riflessione di alto profilo. Spero vivamente poi di poter restituire al culto pubblico la chiesetta di via Cavana, che sarà dedicata alla coltivazione spirituale e culturale del grande tema della riconciliazione, tanto necessario per la nostra Città e territorio.
5. Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre, l’Anno pastorale 2019/2020 doveva terminare con una Settimana eucaristica durante la quale la nostra Chiesa diocesana intendeva confermare il proprio amore a Gesù eucaristico. Così non fu. Comunque la Settimana viene riproposta anche per questo nuovo Anno pastorale quale atto espressivo della nostra fede nell’estrema promessa del Signore Risorto: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Con queste parole – le ultime registrate nei Vangeli – Gesù si presenta a noi come il risuscitato dai morti che non muore più: la morte non ha più potere su di lui (cf. Rm 6,9); anzi come colui che, colmato della pienezza della divinità (cf. Col 2,9), domina e riempie di sé tutto il trascorrere dei nostri anni fuggevoli. Queste parole cariche di una consolante promessa hanno la virtù di togliere dal nostro animo ogni avvilimento, ogni pessimismo, ogni paura: tutto, infatti, è dono del Risorto, che non soltanto vive e regna alla destra del Padre, ma anche è sempre con noi suoi fratelli e sorelle, e con la Chiesa, sua sposa, sino alla fine del mondo. A Lui si elevi dal cuore di noi presbiteri, dei consacrati e consacrate, dei fedeli laici della nostra Chiesa diocesana il canto pasquale della nostra gratitudine e del nostro amore. Affidiamo a Maria, che ci accoglie come figli da custodire contro ogni pericolo, il nuovo Anno pastorale.