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Domenica delle Palme e della Passione del Signore

 
 

DIOCESI DI TRIESTE


Domenica delle Palme e della Passione del Signore


✠ Giampaolo Crepaldi


Cattedrale di San Giusto, 28 marzo 2021



Carissimi fratelli e sorelle, in Cristo!

1.         Dopo il tempo quaresimale, con la Domenica delle Palme la Chiesa ci immette nella Settimana Santa, cioè nella solenne celebrazione del cuore del mistero di Cristo. Nella ammonizione introduttiva alla processione, infatti, ci è stato spiegato che “Questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore… Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione… Chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce per essere partecipi della sua risurrezione”. Ad aiutarci nella richiesta di questa grazia speciale è stata la lettura dei capitoli 14 e 15 del Vangelo di Marco riguardanti la passione del Signore. Tutto il Vangelo di Marco ruota attorno alla seguente domanda: chi è questo Gesù che “parla come nessun uomo ha parlato” (Gv 7,46) e compie gesti miracolosi che sorprendono e sconvolgono? La risposta giunge al momento della morte di Gesù sulla croce e a darla è un centurione – un pagano, un soldato – che gli stava di fronte il quale, dopo che lo vide spirare, affermò: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” (15,39). Abbiamo qui una mirabile professione di fede, capace di cogliere fino in fondo il valore del paradosso cristiano: leggere l’onnipotenza di Dio nell’impotenza della croce.

2.         Carissimi fratelli e sorelle, lungo i secoli le generazioni cristiane hanno identificato nella croce il segno della regalità di Cristo. Si tratta di una regalità nel segno dell’amore, che Egli esercita perdendo se stesso e diventando solidale con tutte le umiliazioni, i dolori, i rifiuti che l’uomo patisce. In quella croce abbiamo il rovesciamento delle logiche mondane: la vera grandezza dell’uomo non sta nel potere, nella ricchezza, nella considerazione sociale, ma nell’amore che condivide, che è solidale, che è vicino ai fratelli, che si fa servizio. Anche noi cristiani del terzo millennio siamo chiamati a fare nostra la professione di fede del centurione per aprire con rinnovata fede il nostro cuore e la nostra vita alla divina efficacia della salvezza. Inginocchiati in un silenzio adorante, chiediamo al Signore nostro, che è morto per noi, di ravvivare la nostra fede, forse indebolita dalla routine feriale della nostra vita cristiana, per poter proclamare con intima e vissuta convinzione, nonostante la drammatica apparenza della “scena di questo mondo”(1Cor 7,31): Gesù, Tu sei il Figlio di Dio che per noi tutti, per la salvezza di tutta l’umanità, sei morto d’amore. Tu sei l’unico nostro Salvatore.