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Il nuovo anno scolastico: inclusione, rispetto, persona

 
 

DIOCESI DI TRIESTE


COMMISSIONE DIOCESANA PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀ “VITTORIO BACHELET”


IL NUOVO ANNO SCOLASTICO: INCLUSIONE, RISPETTO, PERSONA




1.       Gli ultimi due anni scolastici sono stati fortemente condizionati, nel loro andamento e per i pregnanti problemi connessi, dalla pandemia da Covid-19. Nel settembre 2020, confidando che i dati estivi avrebbero consentito una riapertura delle scuole con una diffusione virale al minimo, avevamo espresso alcune considerazioni proprio “In tema di ripresa dell’anno scolastico”. In verità, così non è stato, in quanto una seconda ondata pandemica ha investito il Paese compresa, ovviamente, l’istituzione scolastica: e solo il massiccio intervento delle vaccinazioni ha consentito ora di ridurre al massimo tutte le forti restrizioni in tal senso disposte.
Sta per iniziare, dunque, un nuovo anno scolastico che, come per l’anno scorso, è fortemente auspicabile sia caratterizzato da una completa “riapertura”. A tale proposito, sono sempre attuali le considerazioni allora già svolte sul tema: le riconfermiamo, senza riproporle per esteso, ma invitando alla loro rilettura. Appare, invece, opportuno, tenendo presente quanto già espresso, formulare alcune riflessioni ulteriori sulla “galassia” del mondo scolastico, in relazione alla problematica ed al vissuto durante la pandemia ed alla prospettiva del post-Covid, essendo dell’avviso non tanto che, semplicisticamente, “nulla può essere come prima”, ma che dalla trascorsa complessa esperienza possano trarsi alcune ulteriori valutazioni.

2.         L’istituzione scolastica è, soprattutto, una comunità, cui partecipano, dai vari profili, famiglie, insegnanti, personale amministrativo e studenti, con particolari significato ed incidenza sulla società in generale. Tutti si sono attivati nel gestire i molteplici profili determinati dal lockdown, e, in particolare, dalla chiusura degli edifici scolastici e dall’istaurazione della c.d. didattica a distanza (DAD). Sono, così, risaltate, a tacer d’altro, le esigenze poste da condivisione, sussidiarietà, responsabilità ed inclusione. Collegarsi da casa con l’insegnante ha consentito di attuare o rinforzare (condivisione) il rapporto, a volte esile o casuale o quasi dovuto, fra famiglia, soggetto primario dell’educazione, ed istituzione scolastica – sia pubblica che privata – (sussidiarietà), mentre l’assistere al rapporto fra il minore ed il mezzo informatico ha evidenziato la responsabilità degli adulti nella vigilanza affinché l’attuale uso di tale mezzo, pressoché costante nel rapporto con i social, non espongano il minore a facile preda non solo di seduttori sessuali, ma anche di persuasori all’autolesionismo o alle sfide pericolose (fino all’estremo sacrificio vitale: la c.d. “balena blu” - Blue whale) ovvero alla esclusione dal mondo reale (se portata all’estremo, il c.d. hikikomori, secondo il termine giapponese). Peraltro, l’opportunità della DAD implica una realizzata inclusione sociale in modo da non essere mezzo di discriminazione od ostacolo nell’apprendimento stesso. Il che significa non solo, e semplicisticamente, che lo strumento informatico (PC, tablet e via dicendo) deve essere posseduto o messo a disposizione da parte delle istituzioni allo studente che ne avesse bisogno, ma che l’accesso non sia problematico: si pensi, ad esempio, a famiglie con più studenti ovvero, caso molto più frequente, con adulti a loro volta intenti a lavorare da casa nel c.d. Smart working: difficoltà da non sottovalutare, ad esempio, per la presenza di un solo pc ovvero di spazi abitativi angusti. D’altra parte, il desiderio dei minori di ritornare a scuola, di coltivare i rapporti amicali ed affettivi, di praticare l’attività sportiva, evidenzia come la didattica a distanza non può sostituire quella in presenza o compensare le esigenze di socializzazione.

3.         Queste constatazioni dell’esperienza trascorsa si proiettano, ovviamente, anche per il futuro. Pertanto, è fortemente auspicabile una migliore e più serrata interazione fra famiglia e scuola, la programmazione di una vera e propria “educazione al digitale”, da affiancarsi a quella civica, non nel senso dell’aggiornamento tecnologico, ma nel corretto uso del mezzo informatico, ove non solo venga bandita ogni espressione di discriminazione e di violenza (cyberbullismo), ma si comunichi con un linguaggio civile. In altri termini: si pratichi la cultura del rispetto. Parimenti la DAD o comunque, l’uso del mezzo informatico nella didattica non può essere di certo abbandonato, ma affiancarsi in modo proficuo all’insegnamento tradizionale, che possa essere rinnovato e reso più efficace ed attraente da parte degli stessi docenti. Tutto questo per esprimere una riflessione di fondo: finora tutti i provvedimenti, le restrizioni, le fatiche, i sacrifici sono stati disposti e vissuti come contrasto e difesa dalla pandemia. L’incalzante emergenza sanitaria ha fatto in ogni caso emergere l’intrecciarsi di esigenze diverse, come sommariamente individuate. Ma il concetto fondamentale insiste su quello della “persona”. Ricordiamo, a tale proposito, le parole di Papa Francesco ove afferma che la scuola è senza dubbio “luogo privilegiato di promozione della persona” (Christus vivit, Es. Ap. post sinodale, 25 marzo 2019, n. 221). L’educazione della persona, dunque, perché quello scolastico è il periodo di vita in cui i ragazzi e le ragazze sviluppano la loro personalità, le loro emozioni con gli altri, le loro abilità e predisposizioni sociali ed i loro stessi talenti. Senza ricordare che alle loro persone deve essere portato il massimo rispetto, spiccano ancora gli accenti, quasi poetici del Pontefice, quando afferma che l’educazione e la trasmissione culturale dovrebbero anche esser mosse dal desiderio di “far germogliare i sogni, suscitare profezie, far fiorire le speranze” (idem, n. 199). Ed è questo l’augurio e l’auspicio che ci permettiamo di rivolgere al mondo scolastico che si appresta ad iniziare le sue attività.