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Con gioia e trepidazione


DIOCESI DI TRIESTE


CON GIOIA E TREPIDAZIONE


✠ Enrico Trevisi


Cattedrale di San Giusto, 23 aprile 2023



Cari fratelli e sorelle,

Amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre

CON GIOIA E TREPIDAZIONE celebro questa santa Messa di ingresso in Diocesi. E da subito chiedo l’intercessione dei santi patroni di Trieste Giusto, Sergio, Servolo, Tecla ed Eufemia. E certamente di Maria, Madre e Regina.
Un cordiale saluto a tutti voi, popolo di Trieste e cari amici arrivati da Cristo Re e Cremona, gente santa del popolo di Dio. Grazie alle chiese sorelle che ci onorano con la loro presenza e la loro preghiera: sono ansioso di conoscervi. Grazie al Vescovo Athenagoras e al Rev.mo Archimandrita Gregorio. Grazie ai Vescovi: un sincero grazie a tutti ma permettete un saluto speciale a mons. Giampaolo Crepaldi, mons. Carlo Maria Radaelli. E poi ancora al Patriarca Francesco Moraglia, al vescovo di Cremona mons. Antonio Napolioni, e ai vescovi Mazzocato di Udine e Tomasi di Treviso e poi al Nunzio Apostolico in Slovenia e a tutti i Vescovi della Slovenia, la cui presenza davvero mi onora e mi commuove: gli arcivescovi di Lubiana, e di Fiume, e i vescovi di Kapodistria, Murska Sobota, Celije). Grazie ai numerosissimi Vescovi impossibilitati di essere presenti ma uniti con noi in preghiera.
Grazie a tutte le autorità presenti, a cominciare dai Signori Sindaci, e a quelle che mi hanno fatto pervenire il loro saluto: autorità politiche, amministrative, militari, imprenditoriali e sindacali e rappresentanti della società civile. La Cattedrale non riesce a contenere tutti. È stato bello poco fa incontrare le famiglie e i bambini al Santuario di Monte Grisa: abbiamo pregato perché la nostra Chiesa diventasse una “famiglia di famiglie” lasciandoci contagiare dal quel sano stile familiare che trasuda di complicità, di pazienza, di reciproco ascolto, di corresponsabilità, pur dentro le fatiche, le stanchezze, le inadempienze che tutti ci portiamo appresso. Abbiamo pregato per la pace.
Mi piace guardare a Pietro, che gli Atti ci mostrano nel suo alzarsi in piedi, nel suo parlare a voce alta, nel suo esortare ad ascoltare: «Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, … consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato…». Anch’io, oggi qui, da questa Cattedrale, a voce alta vi annuncio: “Il Signore Gesù è risorto”. Impariamo a guardare a Lui, ammirati, per ritrovare ragioni di speranza e dunque cammini di fraternità. Lui cammina con noi.

1. Il volto triste - Žalostna sta obstala

A dire il vero, noi, come i due discepoli di Emmaus, spesso ci troviamo a discutere e conversare con volto triste. E molti sono i motivi che ci giustificano. Ci sono quelli della storia: e qui davanti all’altare ricordiamo tutte le vittime di ieri e di oggi, di tutti i genocidi, le guerre e le immani cattiverie umane. Sto leggendo un libro intitolato Adriatico amarissimo. Una lunga storia di violenza. Affidiamo a Dio le vittime della Risiera di San Sabba e delle foibe di Basovizza e tutte le altre vittime che ci portano a gridare: Mai più! Mai più!
E invece con tristezza guardiamo al mondo di oggi ancora insanguinato da tante guerre fratricide, da tanti massacri, da tanta miseria che genera profughi, che alimenta disperazione.
Sto seguendo con preoccupazione le sorti della Wärtsilä e dei suoi lavoratori (e so di altre aziende in difficoltà). A volte la tristezza è per l’apprensione per i posti di lavoro, per il futuro delle famiglie, per un’economia e una politica che non trovano le giuste tutele per i giovani, per le donne, per le persone fragili. Non vuole essere un’accusa, ma la costatazione che abbiamo davanti tutti un lavoro immenso, che tutti siamo chiamati a partecipare per la costruzione di una città dell’uomo più conforme a una famiglia umana dove ciascuno possa sentirsi a casa, dunque accolto, stimato, protetto, valorizzato. Dove ciascuno dà il meglio di sé stesso.
Talvolta la tristezza è per le nostre personali delusioni: come i discepoli di Emmaus ci si sente disillusi. Avevamo tanto sperato… e invece Gesù è stato crocifisso e ucciso. Certo qualcuno, le donne corse al sepolcro, dicono, ci hanno sconvolti… Ci sono le nostre speranze infrante: la malattia che improvvisamente debilita e tinge di grigio il futuro, le incomprensioni e divisioni in famiglia e proprio dove c’erano alte aspettative, la maldicenza con la quale ci si ferisce e ci si fa reciprocamente del male, anche nella Chiesa, anche dentro le singole comunità.
Don Primo Mazzolari, prete cremonese che sapeva guardare al futuro con spirito profetico, commentando questo brano di Vangelo diceva: “Chiunque si interroga col cuore in mano scopre la sproporzione tra ciò che forma la sua vera aspirazione e quello che quaggiù è guadagnabile” (Tempo di credere, p. 117).

2. Il cuore che arde - Srce jima je gorelo

Ma Gesù si accosta. Siamo chiamati a cogliere, magari nelle sembianze di quello straniero che cammina con noi, parole che danno senso, che consentono di comprendere una direzione della storia che non sapevamo intravvedere. L’amarezza lascia il posto ad un cuore che arde.
Solo nell’ascolto di un Dio che ancora ci parla si dà la comprensione della storia e la ripresa di una speranza. Siamo chiamati a ritornare ad un ascolto sincero e appassionato del Signore che si accosta a noi. E ci parla, sia nelle Scritture che nei fratelli, soprattutto quelli feriti, che ci aiutano a comprenderle.
Domandiamoci: nelle nostre priorità abbiamo il metterci in sintonia con la voce di Cristo? Quale spazio diamo ogni giorno al Vangelo vivo, lampada per i nostri passi?
Le parole di Gesù non modificano i crudeli fatti che hanno portato alla Crocifissione, ma danno un senso nuovo alla vita, aprono alla speranza e alla missione. Mettono in movimento.
Solo coltivando la nostra spiritualità, dentro il cammino amaro della vita, con le ingiustizie e le cattiverie che subiamo e anche di quelle che ci vedono complici; solo coltivando l’ascolto di un Dio che ci parla riusciremo a ritrovare il senso della missione che ci compete, della vita densa che ci aspetta, del futuro per il quale impegnarci.
Don Primo Mazzolari con espressione chiara e concisa afferma: “Ci interessa Cristo, più che gli scritti che parlano di lui: la sua dottrina, la sua persona, la sua opera” (p. 122). E in questo nostro essere con Cristo (pur nella precarietà dei nostri giorni e della nostra povera fede) ritroviamo la bellezza e l’ardire di una vita cristiana che rigenera relazioni e incontri con tutti, verso tutti, e senza paura di perdere la nostra identità.
Lo riconoscono nello spezzare il pane: quella casa, quella locanda diventa un nuovo cenacolo. Il Gesù che si incontra sulla strada delle nostre delusioni è il Gesù che ci alimenta con l’Eucarestia che diviene un mistero d’amore che ci raggiunge, lì dove siamo.

3. Una missione da riprendere - Poslanstvo, ki ga je treba nadaljevati

I due discepoli di Emmaus esprimono una tristezza simile a quella di tanti credenti rinchiusi nelle delusioni, ingabbiati nello sconforto. Papa Francesco nell’Evangeli gaudium aveva invece tracciato ben altra via: Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario (n. 79); non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione (n. 83); non lasciamoci rubare la speranza (n. 86); non lasciamoci rubare la comunità (n. 82).
Pochi giorni fa (12-4-23), invece, il papa ha usato queste espressioni: «Non c’è annuncio senza movimento, senza “uscita”, senza iniziativa... Non c’è annuncio senza movimento, senza cammino. Non si annuncia il Vangelo da fermi, chiusi in un ufficio, alla scrivania o al computer facendo polemiche come “leoni da tastiera” e surrogando la creatività dell’annuncio con il copia-e-incolla di idee prese qua e là. Il Vangelo si annuncia muovendosi, camminando, andando.
Un annunciatore è pronto a partire, e sa che il Signore passa in modo sorprendente; deve quindi essere libero da schemi e predisposto ad un’azione inaspettata e nuova: preparato per le sorprese. Chi annuncia il Vangelo non può essere fossilizzato in gabbie di plausibilità o nel “si è sempre fatto così”, ma è pronto a seguire una sapienza che non è di questo mondo, come Paolo dice parlando di sé stesso: ‘La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio’ (1 Cor 2,4-5).
Ecco, fratelli e sorelle: è importante avere questa prontezza alla novità del Vangelo, questo atteggiamento che è uno slancio, un prendere l’iniziativa, un andare per primo. È un non lasciarsi sfuggire le occasioni per promulgare l’annuncio del Vangelo di pace, quella pace che Cristo sa dare più e meglio di come la dà il mondo. E per questo vi esorto a essere evangelizzatori che si muovono, senza paura, che vanno avanti, per portare la bellezza di Gesù, per portare la novità di Gesù che cambia tutto».
Questo slancio, questo prendere l’iniziativa, questo andare verso gli altri e con una missione che riceviamo da Dio ci appartiene a tutti. A tutti. Preti, religiosi e laici, giovani e anziani. C’è del bello nel saperci pensati da Dio per una missione.
Lasciamoci sorprendere dal Signore. Lui si fida di noi! Lui ci viene incontro. Guardiamo a Lui con meraviglia. Teniamo fissi gli occhi su di Lui.
Mazzolari commenta: “Nessuno è mai così fuori dalla chiesa da non potervi un giorno tornare come operaio inconfondibile: nessuno è mai così nemico della chiesa da non lavorare inconsapevolmente per essa” (p. 186).
Questa sera prima di andare a dormire, datti ancora un minuto per sintonizzarti sul Signore. Metterti in ascolto di lui. Ringrazialo per la vita; ringrazialo perché hai una missione in nome di Dio e per il bene di questa umanità ferita. Lasciati toccare dal suo amore, per lasciarti entusiasmare per una missione insieme a Lui.
Ci sono dei fratelli, magari rinchiusi nelle loro paure, come gli apostoli rinserrati nel cenacolo, che aspettano la gioia della tua presenza, la condivisione della tua speranza, LA TESTIMONIANZA DELLA TUA FEDE: di chi si è lasciato incontrare dall’amore del Risorto, che ci ha rintracciati sulle nostre strambe strade e ci ha inviati ai fratelli.

Incontro del vescovo Enrico Trevisi con le famiglie e i giovani al Santuario di Monte Grisa

Ingresso e solenne celebrazione a San Giusto