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Vogliamo essere una Chiesa che accompagna gli ammalati


Oggi il Patriarca Francesco, presidente della Conferenza Episcopale Triveneta, si è recato a Cassola (Bassano del Grappa) insieme al vescovo di Vicenza Giuliano Brugnotto, il vescovo emerito Beniamino Pizziol, il vescovo di Trieste Enrico Trevisi, delegato per la commissione della Pastorale della Salute della Conferenza Episcopale Triveneta, per incontrare Stefano Gheller malato di distrofia muscolare che ha recentemente ottenuto dalla Asl competente l'autorizzazione ad accedere al suicidio assistito.

Questo incontro è stato preceduto nelle scorse settimane da uno scambio di comunicazioni a partire dalla recente nota della Conferenza Episcopale Triveneta “Suicidio assistito o malati assistiti?”. Il Patriarca Francesco aveva perciò proposto di incontrare Gheller, insieme ad alcuni vescovi, attraverso il vescovo emerito di Vicenza Beniamino Pizziol.

Il Patriarca e i vescovi hanno anzitutto ascoltato con attenzione le parole di Stefano Gheller per poi sviluppare un dialogo molto cordiale che si è protratto per un’ora, confrontandosi sui temi della nota. Gheller ha riportato anche quanto ha dichiarato nelle varie audizioni con il Consiglio Regionale del Veneto e condiviso con i vescovi una lettera che invierà al Santo Padre.

“Vogliamo essere una Chiesa che accompagna gli ammalati” sottolinea il vescovo Trevisi di Trieste. “Stefano ci ha testimoniato una grande passione per la vita. Lui, per la sua storia familiare del tutto particolare, la distrofia muscolare ereditata dalla madre, teme di trovarsi in una situazione di grande sofferenza e di non saper reggere. Però in questo momento ci ha testimoniato davvero una grande passione per la vita. Vogliamo essere testimoni della sua lunga battaglia per avere i presidi sanitari, per avere tutte le cure necessarie; talvolta da altre parti questo non avviene, per cui siamo un po’ preoccupati, Noi ci siamo posti in ascolto, con rispetto della sua posizione e lui per la nostra. E abbiamo pregato insieme l’Ave Maria”.
Mons. Trevisi ricorda che le tematiche in gioco sono molto complesse e che la medicina oggi sta aumentando i casi di persone che prolungano la loro vita in una situazione che una volta non era pensabile. “Quindi – conclude – noi siamo per incentivare tutte quelle modalità che consentono una vita dignitosa, una vita piena di senso. Il fatto che siamo andati in quattro vescovi a salutare Stefano vuol essere un segno anche per la società e per la Chiesa di darsi il tempo per le persone, di darsi il tempo per incontrare per avere delle buone relazioni. Riceviamo tanti segnali dai nostri ammalati che gradiscono una vicinanza maggiore, anche da parte dei propri preti, dei propri parrocchiani, su questo appuntamento non vogliamo essere mancanti”.