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Liturgia funebre per S.E. Mons. Eugenio Ravignani

 
 

DIOCESI DI TRIESTE

LITURGIA FUNEBRE PER S.E. MONS. EUGENIO RAVIGNANI

✠ Giampaolo Crepaldi

Cattedrale di San Giusto, 21 maggio 2020



Eccellenze, distinte autorità, rappresentanti delle diverse comunità cristiane, sacerdoti, consacrati e consacrate, carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre!
1. Nel dare l’ultimo saluto a Mons. Eugenio Ravignani, i sentimenti che avvertiamo nel nostro cuore sono comparabili a quelli delle donne che, addolorate e smarrite, andavano a far visita al sepolcro di Gesù. A quelle donne, l’Angelo disse una parola inaudita, che cambiò la loro vita e la storia: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto”. Rincuorati anche noi da queste parole guardiamo alla bara del Vescovo Eugenio con gli occhi resi nuovi dalla fede nella risurrezione del Signore Gesù. Il Vescovo Eugenio è morto nel tempo pasquale quando noi cristiani contempliamo, con grato stupore, il varco aperto da Cristo verso i luoghi beati della vita eterna. Un varco che il Vescovo Eugenio ha attraversato, accompagnato dalla partecipe preghiera della nostra Chiesa, soprattutto del suo presbiterio, dall’affetto dei suoi familiari ai quali rivolgo le più sentite condoglianze, dall’assistenza premurosa di don Umberto Piccoli, dei medici e del personale infermieristico, di persone amiche e generose alle quali va la riconoscenza mia personale e di tutta la Diocesi.
2. Predragi bratje in sestre, carissimi fratelli e sorelle, abbiamo appena ascoltato il brano del Vangelo di Giovanni dove Gesù rivela Se stesso come “il buon pastore”, con una serie crescente di annotazioni spirituali. La prima: “Il buon pastore offre la vita per le pecore”. La piena rivelazione di Gesù come buon pastore si realizza sulla Croce, dove dona la sua vita per amore del suo gregge. La seconda: “Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me ed io conosco il Padre”. In Gesù e con Gesù il Padre conosce ciascuno di noi, tanto che la nostra vita è radicata finalmente nel mistero di Dio stesso. La terza: “E diventeranno un solo gregge e un solo pastore”. Gesù ci dice che nessuna persona è estranea al suo gregge, perché tutto è stato creato per mezzo di Lui ed in vista di Lui e tutti sono chiamati a formare in Lui un solo gregge. Questa illuminante pagina evangelica ci consente di cogliere in profondità l’anima del Vescovo Eugenio: Gesù buon pastore, infatti, è stato il punto di riferimento che ha inspirato e dato forma al suo ministero episcopale attraverso l’esercizio di un’incessante e infaticabile carità pastorale che è andata dispiegandosi in maniera feconda prima nella Diocesi di Vittorio Veneto poi qui in quella della sua Trieste.
3. Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre, la carità pastorale del Vescovo Eugenio trova un’eloquente conferma nel suo testamento spirituale. Scrive: “Ho sinceramente amato la Santa Chiesa che è in Vittorio Veneto e non ho mai cessato di amarla. Mi aveva accolto con fiducia ed io ho cercato di servirla”. Continua: “Ho amato ed amo questa Santa Chiesa che è in Trieste. L’ho amata e l’amo nei suoi sacerdoti…. L’ho amata nei religiosi… con tutte le religiose consacrate a Dio… Ho amato ed amo ancora questa Chiesa in cui vivono fratelli italiani e sloveni che, insieme, nel rispetto delle diversità di lingua e di cultura, danno testimonianza di unità nella fedeltà a Cristo e al Vangelo. Di tutti, con il medesimo amore, ho voluto essere padre e pastore”. Padre e pastore sempre pronto, con tratto delicato e intuito educativo, a suscitare e a coltivare vocazioni e ministerialità ecclesiali. Scrive a questo riguardo: “Ho amato questa Chiesa nei giovani alunni del seminario, che per essa erano e sono annuncio di speranza, mentre ho chiesto ed ancora chiedo per essa al Signore il dono di nuove e sante vocazioni alla vita sacerdotale. Ho amato questa Chiesa nei laici, e non soltanto in coloro che appartenevano all’AC, in cui avevo vissuto i miei giovani anni di sacerdozio e che mi è rimasta sempre cara, ma anche in coloro che nelle diverse aggregazioni vivono la loro esperienza ecclesiale”. La sua carità pastorale ebbe le braccia aperte, nei modi di un dialogo composto e rispettoso, verso gli orizzonti dell’incontro ecumenico e interreligioso, connaturali alla realtà tergestina. Un’apertura che ha raggiunto anche la nostra Città alla quale dedica uno dei passaggi più significativi del suo testamento: “…ho amato la Città, nella sua storia sofferta, nella ricchezza delle culture che qui si incontrano, nella complessità dei suoi problemi. Ed è stata ancor espressione di amore la mia esortazione – che pur vorrei rinnovare – a guardare, più che a ciò che porta a sfiducia e rassegnazione, a ciò che invece si fa motivo di impegnata collaborazione per realizzare le giuste aspirazioni di una città che vuol crescere, con l’apporto di tutti, nella giustizia, nella solidarietà, nella pace”. È questa la preziosa e impegnativa eredità che ci lascia.
4. Caro Vescovo Eugenio, immediatamente dopo questo rito funebre sarai sepolto qui in Cattedrale, accanto alle tombe di Mons. Antonio Santin e di Mons. Lorenzo Bellomi: il primo ti ordinò presbitero il 3 luglio del 1955 e morì mentre tenevi la sua mano nella tua; il secondo ti ordinò vescovo il 24 aprile del 1983. Scrivi nel tuo testamento: “A questi esempi di vescovi, che mi sono stati padri, ho voluto essere fedele, ispirando al loro esempio il mio servizio episcopale a Trieste. Anche se ero ben consapevole di non avere la fortezza del primo e nemmeno la bontà del secondo. Ma alla loro eredità d’amore ho voluto rimanere fedele”. Nella considerazione cristiana della tua vita di vescovo possiamo comprendere come i mille fili delle tue feconde relazioni ministeriali hanno intessuto la tela di una Chiesa fedele al suo Signore e attenta alla promozione integrale dell’uomo. Te ne siamo grati. Personalmente ti sono grato per il penultimo nostro incontro quando, pur indebolito e dolorante, mi hai assicurato la tua preghiera, hai benedetto il mio ministero e mi hai confidato di offrire le tue sofferenze per la Chiesa. Ora, qui con Mons. Santin e Mons. Bellomi e accanto a Gesù presente nel tabernacolo e sotto la volta mirabile del mosaico della Mater Dei, l’Immacolata e l’Assunta in cielo che tanto hai amato, attendi che trovi pieno compimento il tuo motto episcopale: donec dies elucescat, fino a quando non spunti luminoso il giorno della risurrezione dei corpi. In questa attesa puoi contare sulla protezione di san Tiziano patrono di Vittorio Veneto e di san Giusto patrono di Trieste e anche su quella di don Francesco Bonifacio il cui martirio onorasti con la beatificazione il 4 ottobre del 2008 in questa Cattedrale. Alla nostra Chiesa, ancora pellegrina in questa valle di lacrime, lasci il viatico confortante delle ultime righe del tuo testamento, dove scrivi: “Cantate con me l’amore del Signore. Vi attendo là dove ci ha preceduto Cristo, pastore e vescovo delle anime nostre”.