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L’Arcivescovo celebra il suo 50° anniversario

 
 

DIOCESI DI TRIESTE


50° anniversario di ordinazione sacerdotale


✠ Giampaolo Crepaldi


Cattedrale di San Giusto, 17 luglio 2021



Distinte Autorità, fratelli nel sacerdozio, carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre!

1.        “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore” (Lc 1,46s): con queste parole, piene di gioiosa gratitudine per il Signore, Maria andò incontro ad Elisabetta ed è con queste parole che anch’io gli dico il mio grazie per i cinquant'anni di sacerdozio nei quali sono compresi vent'anni di episcopato. A Lui va il mio grazie per il dono inestimabile della vocazione e del ministero, un dono che trova le sue ragioni nel mistero insondabile del suo amore: “Non voi avete scelto me, io ho scelto voi” disse Gesù ai suoi discepoli (Gv 15,16). Il mio grazie si estende poi a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, mi hanno accompagnato, formato e sostenuto: dai miei genitori Ilde e Dario alla mia famiglia, dal mio parroco Mons. Luigi Maragno alla mia parrocchia di Villadose, dal Seminario alla mia Diocesi di Adria-Rovigo con il Vescovo Mons. Mocellini che mi ordinò prete proprio il 17 luglio del 1971. Poi il ministero a Roma presso la CEI e la Sede Apostolica a servizio di San Giovanni Paolo II che mi ordinò vescovo il 19 marzo del 2001 e di Papa Benedetto XVI.

2.         Predragi bratje in sestre, carissimi fratelli e sorelle, nel 2009 arrivai Trieste dove il Signore mi aveva mandato a spendere le residue energie della mia maturità sacerdotale e dove ho trovato tanti fratelli e sorelle, figli e figlie di una Chiesa che amai da subito e che venero con gratitudine. Consentitemi di dire un grazie particolare ai miei più stretti e preziosi collaboratori di Curia, ai sacerdoti per la loro testimonianza, disponibilità e collaborazione, ai diaconi, alle religiose e religiosi, alle persone consacrate, ai tanti laici impegnati nelle aggregazioni ecclesiali e nei diversi ambiti della pastorale. Un grazie affettuoso va alla Città, bellissima e magnanime: pur colpita dalle dolorose ferite subite nel recente passato carico di immani e indicibili atrocità, Trieste è qui nello splendore delle sue nobili architetture e nella salutare volontà del suo popolo, portatore convinto di un messaggio di pace, di riconciliazione, di speranza per tutti. Grazie anche a tutti voi che questa sera vi siete uniti alla mia preghiera in Cattedrale, come pure a tutti coloro che mi hanno fatto pervenire le loro espressioni augurali, in primo luogo a Papa Francesco che ha voluto onorarmi con un suo messaggio e che con la sua benedizione ci consente di vivere un momento di comunione con la Chiesa universale.

3.         Carissimi fratelli e sorelle, predragi bratje in sestre, nell’anniversario della mia ordinazione sacerdotale, desidero ricordare a me, ma anche a tutta la Diocesi tergestina, il monito che l’apostolo Paolo rivolse al fidato discepolo Timoteo: “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te”, cioè il dono del sacerdozio conferito con l’imposizione delle mani (2Tim 1,6). Guai a quel vescovo e a quella Chiesa che smettessero di ravvivare il dono del sacerdozio, o consentissero scoloramenti dei suoi profili essenziali o svilimenti della sua forza vitale. Il sacerdote non è una figura burocratica all’interno della Chiesa, come quella di cui ogni società ha bisogno per adempiere certe funzioni. Egli è altro e oltre, perché pronuncia in nome di Cristo la parola dell’assoluzione dai peccati e cambia così, a partire da Dio, la situazione della nostra vita. Egli è altro e oltre, perché pronuncia sulle offerte del pane e del vino le parole di Cristo che sono di transustanziazione, parole che rendono presente Lui stesso, il Risorto, il suo Corpo e suo Sangue e trasformano così gli elementi del mondo: parole che spalancano il mondo a Dio e lo uniscono a Lui. Il sacerdote è sacramento, cioè segno e strumento di Dio che si serve di un pover’uomo al fine di essere presente tra gli uomini e agire per la loro salvezza. Nella vita e nel ministero di un prete si può leggere in nuce l’audacia di Dio che affida se stesso ad esseri umani, che, pur nelle loro fragilità, li ritiene capaci di agire e di essere presenti in vece sua.

4.         Predragi bratje in sestre, carissimi fratelli e sorelle, dopo cinquant’anni di sacerdozio, vissuti in uno dei periodi più convulsi della storia della Chiesa che ha visto e vede tutt’ora una crisi profonda dell’identità e del ministero sacerdotali, se si vuole ravvivare il dono di Dio che è il sacerdozio cattolico la strada migliore è che noi preti ritorniamo ad essere uomini di Cristo e a vivere di preghiera. La preghiera crea il sacerdote e il sacerdote si crea attraverso la preghiera: essa delinea in sicurezza la strada maestra della santità presbiterale. Naturalmente sono necessari la formazione, lo studio, l'aggiornamento per cogliere le urgenze e delineare le priorità pastorali. Sono necessari anche i mezzi materiali, come quelli che ci offre la tecnologia moderna. Ma il segreto rimane sempre la santità di vita di noi sacerdoti che s'esprime nella preghiera e nella meditazione, nello spirito di sacrificio e nell'ardore missionario. Quando con la memoria torno agli anni del mio servizio pastorale come prete e come vescovo, mi convinco sempre più di quanto ciò sia vero, fondamentale e necessario. Facciamo allora nostro l’invito di Cristo: “Rimanete nel mio amore” (Gv 15,1-17). Uniti a Cristo, ogni forma di missione produce frutto, ogni paura è vinta, ogni difficoltà viene superata. A Maria, Madre della riconciliazione, affido la mia persona e il mio ministero e, accanto al suo Cuore Immacolato, metto i sacerdoti diocesani, i diaconi, i religiosi e le religiose, i fedeli laici e tutta la popolazione della nostra amata Città.