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Vi darò un cuore nuovo

 
 

DIOCESI DI TRIESTE


✠ Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo-Vescovo di Trieste


Messaggio per l'Avvento 2022


...vi darò un cuore nuovo...




Carissimi presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, fedeli laici della Chiesa di Trieste: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo (1Cor 1,3).

1. Con la prima domenica di Avvento ha inizio il nuovo Anno liturgico, durante il quale facciamo memoria della vita, morte e risurrezione del Signore Gesù, cioè del mistero santo della nostra salvezza. Non ci limitiamo solo a ricordare eventi passati, ma – soprattutto nella celebrazione eucaristica – ci troviamo nella fortunata condizione di far tesoro di quel mistero di salvezza di cui abbiamo estremo bisogno per vivere in questo mondo senza perdere noi stessi, incamminati come siamo verso l’eterna vita divina. L’Anno liturgico è, quindi, come una scuola che ci educa a vivere il passato, il presente, il futuro: le tre dimensioni essenziali della nostra esistenza. Infatti, esso è memoria di ciò che il Signore Gesù ha compiuto per la nostra salvezza; è incontro con la sua Persona presente in mezzo a noi con la sua Parola e attraverso i sacramenti; è attesa della sua venuta alla fine della nostra vita e della storia. Memoria, incontro, attesa sono anche le categorie spirituali che la Chiesa ci propone nelle quattro settimane di Avvento che ci preparano al Santo Natale. Categorie spirituali che ci consentono di vivere il tempo della vita in modo nuovo e liberante, perché vissuto con Gesù: Egli, infatti, ci redime nel tempo, poiché è Colui che era, che è, e che viene, lo stesso ieri, oggi e sempre (Ap 1,4; Eb 13,8).

2. L’Avvento è quindi una buona occasione per riflettere seriamente su come impieghiamo il tempo della nostra vita. Immersi come siamo in una paralizzante atmosfera nichilista, rischiamo di dedicarlo ad un vacuo ed estenuante girovagare senza alcuna meta. È bene allora fermarsi, facendo tesoro di un salutare ammonimento del Signore Gesù: State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso (Lc 21,34). È questo il pericolo da schivare, che si manifesta quando ci accorgiamo che siamo giunti al punto di non riuscire a soddisfare i nostri desideri più autentici; di restringere il campo della nostra attesa dentro al solo momento presente; di rassegnarci a quella opprimente tristezza del cuore che è propria di chi non aspetta più niente nella e dalla vita. Allora il nostro cuore si fa pesante, stanco e triste, anche se cerca di colmare il vuoto con dissipazioni, ubriachezze ed affanni della vita. Quando ci accorgiamo di essere arrivati lì, è pericoloso continuare sulla stessa strada; conviene invece cambiarla, dando al nostro cuore una nuova possibilità di vita, di speranza, di salvezza. Il Messaggio che vi propongo, per il tempo dell’Avvento, già dal titolo – …vi darò un cuore nuovo… – è un utile sussidio che va in questa direzione.

3. È cosa condivisa riferire al cuore le esperienze legate alla gioia o alla tristezza, al dolore, allo strazio o alla felicità, al dono, all’amore o al tradimento e all’egoismo…, tanto che possiamo affermare che tutto ciò che sperimenta la nostra umanità si ripercuote nel nostro cuore. Lo possiamo descrivere come lo spazio dove è convocato il nostro essere, cioè la parte più intima di noi stessi dove nascono le nostre decisioni più importanti e significative e dove conserviamo le esperienze decisive della nostra vita. Inoltre, quando ci apriamo all’incontro con l’altro, possiamo dire di conoscerlo veramente quando giungiamo a conoscere il suo cuore. E nella prospettiva che considera il cuore come l’interiorità di noi stessi e degli altri, possiamo anche parlare del cuore delle cose, del cuore del mondo…: si tratta di espressioni con le quali intendiamo sottolineare la profondità della realtà che prendiamo in considerazione, con un’intensità e ricchezza di significati che sarebbe difficile esprimere altrimenti.

4. Anche per la Sacra Scrittura il cuore è la fonte stessa di tutto ciò che decidiamo di essere e di fare. Essa, con più di 870 riferimenti espliciti, è una miniera inesauribile e illuminante di preziosi insegnamenti sul tema del cuore. In questo Messaggio ne saranno citati solo pochi, nella speranza che siano apprezzati come un gustoso assaggio capace di invogliare ad andare a cercare anche gli altri. Il dato che caratterizza i testi della Sacra Scrittura è questo: il cuore dell’uomo è considerato nel suo essenziale riferimento a Dio. Dal cuore dell’uomo sgorga la ricerca di Dio: Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto!”. Il tuo volto, Signore, io cerco (Sal 27,8); sgorga anche l’ascolto della Parola di Dio e l’invito alla conversione: Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore (Dt 6,6); Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio… (Gl 2,13); prende sviluppo l’obbedienza della fede e la fedeltà dell’amore: Se… con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia… (Rm 10,9-10). Il riferimento a Dio offre anche il metro per misurare la bontà o la malvagità del cuore: Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza (Mc 7,21-22). Con l’aiuto determinante della Sacra Scrittura non ci resta ora che intraprendere questo viaggio attorno al cuore che ci consenta di capire qualcosa di sensato circa il nostro essere, la nostra vita personale o sociale e, soprattutto, circa la nostra vita spirituale che qui ci interessa in modo particolare.

Dal cuore di pietra al cuore nuovo

5. Il famoso Shema Israel, Ascolta Israele, del Libro del Deuteronomio è un testo fondamentale per capire il simbolismo biblico del cuore. Esso è caratterizzato da una forte esigenza di pienezza e di totalità: Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (Dt 6,4-9). In questo mirabile testo, malgrado la coscienza della nostra fragilità umana e della nostra debolezza di fronte al peccato, il comandamento di amare Dio e di servirlo è netto e chiaro: con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze (cf Dt 6,5; 10,12; 11,13; 13,3; 30,6 ecc.). Dio non si accontenta di un amore qualsiasi. Vuole essere amato con un amore vero, totale e fedele, con tutto il nostro cuore. Amiamo veramente Dio se l’amore ci arde nel cuore: Camminerò con cuore innocente… Lontano da me il cuore perverso, il malvagio non lo voglio conoscere… chi ha occhio altero e cuore superbo non lo potrò sopportare… (Sal 101,2.4.5). Un amore che ci impegna a fare i conti con la verità di noi stessi, con la verità dei nostri comportamenti verso Dio che si definisce scrutatore della mente e del cuore (cf. Sal 7,10).

6. Chiediamoci: Dio ha un cuore? Come risponde la Sacra Scrittura a questa domanda? Nel Libro della Genesi troviamo scritto che Dio, dopo aver constatato la diffusa malvagità degli uomini, provò sdegno e dolore: E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo (Gen 6,6). Che cosa vuol dire? Che anche Dio ha un cuore? Sì, Dio, benché puro spirito, ha un cuore, che rivela il mistero insondabile del suo essere e del suo operare; un cuore sofferente di fronte alla malvagità dell’uomo e al conseguente fallimento del suo progetto creativo. Stesse considerazioni le troviamo nel Libro del profeta Osea. Lì Dio ricorda quanto è stato grande il suo amore per il popolo, ma anche quanto grandi sono state l’ingratitudine e l’infedeltà di quest’ultimo. Come reagisce Dio? Con il castigo, con la vendetta? No, Dio ha una reazione sorprendente: Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira (Os 11,8-9). I due brani – Gen 6 e Os 11 – ci dicono allora che anche Dio ha un cuore; che il cuore è il mistero più profondo del suo essere e del suo agire; che questo mistero è un mistero infinito d’amore e di misericordia. Ma ci dicono anche quanto grave sia il peccato dell’uomo, se Dio stesso ne è come addolorato in cuor suo e nel suo intimo giunge a fremere di compassione.

7. La tragica realtà del peccato viene spesso ricordata nella Sacra Scrittura. C’è il peccato di idolatria, soprattutto denunciato dai profeti (cf Ez 36,16-19.22-23; Os 2,1-15). C’è il peccato dell’empietà che giunge a negare l’esistenza di Dio: Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore: “Dio non ne chiede conto, non esiste!”; questo è tutto il suo pensiero (Sal 10,4), che rende incapaci di vedere l’azione di Dio nella storia e di esercitare una qualche forma di responsabilità. C’è il peccato contro il fratello, c’è il peccato dell’ingiustizia sociale… Peccati che la Sacra Scrittura considera come frutti velenosi di un cuore di pietra. La pietrificazione del cuore ci rimanda soprattutto a quello che successe nel giardino dell’Eden, al peccato delle origini, quello di Adamo ed Eva. Essi, creati a immagine e somiglianza di Dio, chiamati a vivere con Dio, destinati a custodire e a coltivare il mondo e ad esserne i suoi rappresentanti, con un atto di orgoglio insipiente vollero diventare come Lui. Disobbedendo, Lo sfidarono, mangiando il frutto proibito. A quel punto, Dio presentò un conto assai salato: li cacciò dal giardino. Da quel momento prende avvio il corso, doloroso e faticoso, della storia che anche noi ben conosciamo e che è ben documentato fin dalle prime pagine della Bibbia: litigi tra l’uomo e la donna, fatica nel lavoro, parti dolorosi, uccisioni fratricide (Abele da parte di Caino), caos e confusione (torre di Babele), guerre a non finire e morte. Di fronte allo sventurato scenario di un’umanità dal cuore pietrificato dal peccato, Dio, pur addolorato, decise comunque di dare avvio ad un nuovo corso della storia, a una rinnovata storia di salvezza dell’umanità. Quella salvifica volontà divina fu sempre accompagnata dalla preghiera del credente israelita: Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo… Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi (Sal 51,7-8.12.18.19).

8. Al peccato dell’uomo, frutto del suo cuore di pietra, Dio rispose soprattutto con una promessa, quella di dargli un cuore nuovo: Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. …voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio (Ez 36,25-26.28). Non solo: Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. …io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato (Ger 31,33-34). La promessa di Dio di donare un cuore nuovo si traduce poi in un pressante appello alla conversione: Circoncidete … il vostro cuore ostinato… (Dt 10,16); Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o casa d’Israele? Io non godo della morte di chi muore. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e vivrete (Ez 18,31-32). Impresa ardua per l’uomo, ma non per Dio: Il Signore, tuo Dio, circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua discendenza, perché tu possa amare il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima e viva (Dt 30,6).

Gesù, lo Spirito e il cuore

9. Partiamo da una domanda: che cuore aveva Gesù? La risposta è semplice: Lui fu quello che più di ogni altro amò Dio, il Padre suo celeste. Interrogato da un fariseo: Qual è il più grande comandamento della legge?, rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente (Mt 22,37). A dodici anni ricordò ai suoi genitori il primato di Dio nella sua vita (cf Lc 2,49). Nell’ultima cena disse ai suoi discepoli: Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre (Gv 14,31). E poi: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15,13). Gesù è stato ed ha vissuto questo amore più grande. Nessuno come Lui ha tanto amato il suo Dio. Lui, crocifisso e con il cuore trafitto, ma risorto per la potenza di Dio, è veramente l’uomo dal cuore nuovo. Quel suo cuore fu il filo che legò e tenne unita la sua esistenza terrena, che guidò le sue scelte e i suoi atteggiamenti interiori. La dimensione fondamentale della sua umanità fu di oblazione totale nell’amore: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, … Allora ho detto: Ecco, io vengo … per fare o Dio, la tua volontà (Eb 10,5.7). Il salmo 40, dal quale è tratta questa citazione, continua: Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore (Sal 40,9).

10. Il Cristo, l’uomo dal cuore nuovo, con la sua oblazione di amore è divenuto spirito datore di vita (cf 1Cor 15,45): la vita che lo Spirito del Padre effuse nel suo cuore divenne, infatti, fonte di vita dentro i cuori dei suoi discepoli (cf Gv 4,14; 7,37-38). Cristo fu dunque il primogenito di una moltitudine di fratelli e sorelle ai quali partecipò la sua novità di vita e d’amore: la vita nello Spirito. Un invito che continua anche oggi e ci riguarda personalmente. Non solo ci sollecita a imitare gli atteggiamenti del suo cuore: Mettetevi alla mia scuola, perché io sono mite e umile di cuore (Mt 11,29); ma Lui stesso è presenza vivente e efficace fra noi dell’amore redentore del Padre, un amore che rende nuovo il nostro cuore (cf 2Cor 5,17; Ap 21,5). Soprattutto mediante il dono dello Spirito (cf Rm 5,5), i nostri cuori sono liberati dalla legge del peccato (cf Rm 8,3ss) e la nostra vita si fa spirituale, cioè vissuta con un cuore semplice, retto, puro, costantemente rinnovato dalla carità di Cristo. Una vita santa quindi, vissuta con un cuore che prega, obbedisce e ama: E per quella volontà che noi siamo stati santificati, mediante l’oblazione del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre (Eb 10,10).

11. Per accogliere ciò che lo Spirito semina nei nostri cuori, dobbiamo coltivare un dialogo intimo e continuo con il cuore di Cristo. Lo Spirito Santo, infatti, ispira contemporaneamente il cuore di Cristo e il nostro cuore; ce lo apre a Dio, perché lo amiamo come nostro Padre; ce lo apre anche agli altri, perché impariamo ad accoglierli e amarli come fratelli e sorelle. Esempio mirabile di questo cuore a cuore lo troviamo nel racconto lucano dei due discepoli di Emmaus. Essi, tristi e sfiduciati, in cammino da Gerusalemme verso Emmaus, cominciano a riconoscere il loro Signore risuscitato quando ardeva il cuore in petto, mentre Gesù conversava e spiegava le Scritture (cf Lc 24,32). San Paolo sviluppò in questa stessa direzione la sua riflessione sulla fede: Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore, ossia, alla professione della fede con la bocca occorre aggiungere la fede del cuore per essere giustificati: Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia (Rm 10,8-10). Nei nostri cuori, infatti, lo Spirito del Cristo crocifisso e risuscitato ispira i nostri atti di fede, di speranza, di carità: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5). È dunque dall’intimo dei nostri cuori che possiamo credere ossia riconoscere Gesù come Figlio di Dio e chiamare Dio: Abbà! Padre! (Gal 4,6).

12. Tutti siamo vivificati dal medesimo Spirito, tutti dunque siamo membra del corpo di Cristo, uniti gli uni agli altri, con un cuore solo e un’anima sola, come si legge nel libro degli Atti (4,32). Uniti nella Chiesa, che, come madre e maestra, nutre i nostri cuori affinché siamo pronti a testimoniare il Vangelo del Signore; uniti anche nella società con quella carità annunciata da Cristo, ossia la civiltà dell’amore, che ci impegna a operare per la pace e la giustizia, nella prospettiva dello sviluppo integrale e solidale dell’umanità. Per fare tutto questo non abbiamo se non questa possibilità: amare come Cristo che avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (Gv 13,1). Tutto diventerà possibile se il nostro cuore si apre alla preghiera, come si legge nella Lettera di Paolo agli Efesini: Che (il Padre) vi conceda secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore. Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità siate in grado di conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza e entrerete nella pienezza di Dio (3,14-19).

Un cuore nuovo: alcuni suggerimenti

13. Il primo suggerimento che vi offro per avere un cuore nuovo è questo: custodire, coltivare e formare il proprio cuore, per non fare la brutta figura di quegli scribi di cui si parla nel Vangelo di Marco nel capitolo che racconta la guarigione del paralitico: Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così? Bestemmia!” … Gesù … disse loro: “Perché pensate così nei vostri cuori?”… (2,6ss). Avevano cuori ottusi e senza intelligenza. Ma per aver cuori sapienti e intelligenti, cosa dobbiamo fare? In primo luogo, mettere sempre al centro della vita spirituale, personale o comunitaria, non le nostre parole o le tante chiacchiere, ma la Parola di Dio, che continua ad essere purtroppo la grande sconosciuta. È, infatti, nell’ascolto personale e comunitario e nella risposta del cuore alla Parola di Dio, che conseguiamo la vera beatitudine. Gesù disse: Beati… coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano! (Lc 11, 28). In quest’ascolto religioso della Parola, tradotto poi in vita feconda, Gesù ci indica il vero legame di fraternità con Lui e di figliolanza con Dio Padre: Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 8, 21). In secondo luogo, coltivare nella nostra vita spirituale non i nostri protagonismi, ma la presenza di Gesù, a partire dall’Eucaristia, quale fonte e culmine della nostra personale santificazione e della comunione ecclesiale. Si parla tanto al giorno d’oggi – e non senza una qualche ragione – che i cristiani sono marginali e insignificanti e che la Chiesa è in crisi. Personalmente sono convinto che quando nella Chiesa aumentano le parole, i protagonismi, i personalismi cresce, in dimensione direttamente proporzionale, anche la crisi della Chiesa. Ma quando invece crescono l’attenzione alla Parola e il senso della Presenza di Dio la crisi della Chiesa è destinata a diminuire e, molto probabilmente, a scomparire. Facciamo come Maria a riguardo di Gesù: …da parte sua, serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore (Lc 2,19).

14. Il secondo suggerimento che vi offro per avere un cuore nuovo è quello di coltivare la devozione al Sacro Cuore di Gesù, particolarmente promossa da santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), una visitandina francese che ebbe una serie di rivelazioni straordinarie. Scrisse: “In quanto alle persone secolari, troveranno in questa amabile devozione tutti i soccorsi necessari al loro stato, vale a dire, la pace nelle loro famiglie, il sollievo nel loro lavoro, le benedizioni del cielo in tutte le loro imprese, la consolazione nelle loro miserie; è proprio in questo sacro Cuore che troveranno un luogo di rifugio durante tutta la loro vita”. Gli elementi fondamentali della devozione al Cuore di Cristo appartengono in modo permanente alla spiritualità cristiana, perché, fin dall’inizio, la Chiesa alzò il suo sguardo al Cuore di Cristo trafitto sulla croce. Sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza umane la contemplazione del Crocifisso resta come il punto di avvio per costruire la civiltà dell’amore tanto desiderata. Inoltre, è bene qui ricordare che, associata alla celebrazione liturgica del Sacro Cuore nel mese di giugno, c’è la Giornata mondiale di preghiera per la santificazione del clero. L’espressione della Scrittura, Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione! (1Ts 4,3), pur essendo rivolta a tutti i cristiani, riguarda in modo particolare i sacerdoti che hanno accolto non solo l’invito a santificarsi, ma anche quello a diventare ministri di santificazione per i loro fratelli. La devozione al Sacro Cuore deve interessare in modo particolare anche i religiosi e le religiose che, in molti casi, appartengono a congregazioni che hanno nel loro nome un richiamo esplicito al Cuore di Gesù. In questo caso, il riferimento è parte vitale di quel carisma che, fin dall’origine, accompagna la loro missione comunitaria e personale nella vita della Chiesa e del mondo, come testimonianza di un cuore pieno di carità.

15. Il terzo suggerimento che vi offro per avere un cuore nuovo è quello di coltivare la preghiera del cuore. È una tradizione orante – definita esicasmo – che giunge a noi dall’ortodossia cristiana. Il mistico russo Teofane il Recluso la descrisse con queste parole: “Pregare è discendere con la mente nel cuore e qui continuare a restare dinnanzi al volto del Signore, onniveggente, dentro di te”. Qui abita lo Spirito di Dio e qui ha luogo il grande incontro. Qui il cuore parla al cuore, perché qui siamo dinanzi al volto del Signore, dentro di noi. La preghiera del cuore poi ci impegna a non nascondere nulla a Dio e ad affidarci alla sua misericordia. In questo modo, le parole di Gesù: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8), diventeranno reali nella nostra preghiera. La preghiera del cuore si nutre di preghiere brevi e semplici e deve essere incessante e onnicomprensiva. Il sacerdote don Luigi Maria Epicoco in una sua catechesi sull’episodio evangelico dell’emorroissa, descrisse la preghiera del cuore con queste parole: “Si può pregare col corpo, con le emozioni, con gli affetti e il ragionamento e, se tutto ciò esprime una relazione, allora è preghiera autentica. Ma il vero luogo dove Dio abita è il nostro cuore”. Allora “fare la preghiera del cuore è permettere a Dio di fare del nostro cuore quello che vuole. Non bisogna far nulla, ma lasciare a Dio di pregare in noi, allo Spirito di evangelizzarci, cioè di lavorare, consolare, guarire e cambiare i nostri pensieri, parole e sentimenti per assumere lo stesso pensare e sentire di Cristo e rendere presente il Figlio come Egli rende presente il Padre”.

16. Il quarto suggerimento che vi offro è quello di aprire il cuore alla carità, anche a quella sociale e politica, come ci insegna la Chiesa con la sua dottrina sociale. A questo proposito vi trascrivo una pagina di papa Benedetto XVI, presa dalla sua Enciclica Caritas in veritate: “La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. Ogni responsabilità e impegno delineati da tale dottrina sono attinti alla carità che, secondo l’insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge (cf Mt 22,36-40). Essa dà vera sostanza alla relazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici. Per la Chiesa – ammaestrata dal Vangelo – la carità è tutto perché, come insegna san Giovanni (cf 1Gv 4,8.16) e come ho ricordato nella mia prima Lettera enciclica, Dio è carità (Deus caritas est): dalla carità di Dio tutto proviene, per essa tutto prende forma, ad essa tutto tende. La carità è il dono più grande che Dio abbia dato agli uomini, è sua promessa e nostra speranza”. E di aprire il nostro cuore alla carità abbiamo bisogno anche qui a Trieste. L’ultimo Report della Caritas diocesana – consultabile nel sito della Diocesi – è molto chiaro: pur essendo una delle città più benestanti dell’Italia, Trieste è ancora afflitta da disuguaglianze, da marginalità, da crescenti povertà.

17. Chiudo questo mio Messaggio invitandovi a volgere il vostro sguardo alla Vergine Maria, precisamente al suo Cuore Immacolato, tanto e devotamente amato e venerato anche a Trieste nel Santuario di Monte Grisa, dove si coltiva la spiritualità nata a Fatima nel 1917 con le apparizioni della Madonna ai tre pastorelli. In una, la Vergine Santa comunicò che “Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato”. Questa devozione, ormai solida e diffusa, è la strada indicata dalla Provvidenza divina per aiutarci ad accogliere il progetto salvifico di Dio su di noi. Il Cuore di Maria rimanda sempre a tale volontà divina, già perfettamente realizzata in Lei e proposta ora a noi, che a Lei guardiamo come modello e causa esemplare per la nostra vita di fede. E nella contemplazione orante del Cuore Immacolato di Maria vogliamo rendere fecondo il Cammino sinodale intrapreso dalla nostra Diocesi, secondo le indicazioni di Papa Francesco e dei Vescovi Italiani. Vogliamo anche che sia fattiva la sua promessa di pace per il mondo intero, che formulò, in piena Prima Guerra Mondiale, a Fatima nella Conca da Iria, denominata la Conca della pace. La pace è un bene necessario soprattutto in questo momento storico che vede consumarsi nel cuore dell’Europa la guerra, disgraziata e insensata, tra la Russia e l’Ucraina. E, con il cuore rinnovato dallo Spirito di Cristo, il Principe della pace, vogliamo continuare a pregare e a invocare il dono della pace.

Di tutto cuore, assicuro la mia benedizione.

Trieste, 27 novembre 2022, prima domenica di Avvento