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L’Assunta, la Pietà per i nostri defunti e la fede nella Risurrezione


DIOCESI DI TRIESTE


L’Assunta, la Pietà per i nostri defunti e la fede nella Risurrezione


✠ Enrico Trevisi


Trieste, 30 luglio 2023



La celebrazione di Maria assunta in cielo, nel cuore dell’estate, ci richiama una grande verità della fede cristiana: per tutti noi c’è una destinazione che ci proietta nella pienezza di amore, il Paradiso. Questa vita passando per la strettoia della morte, con l’inquietudine che essa reca sempre con sé, ci immette in una partecipazione piena con la vita di Dio. Siamo creati per la vita e non per la morte. Il nostro corpo, cioè noi stessi guardati dal versante precario della nostra carne, non è cibo per i vermi o una manciata di cenere dopo la cremazione. Noi siamo voluti in un disegno di amore eterno, del quale balbettiamo soltanto in attesa di gioire faccia a faccia con Dio. Per questo nel rito delle esequie noi incensiamo il corpo dei defunti, destinati alla pienezza di vita in Dio, per sua infinita misericordia.

Se per il battesimo siamo già immessi nella vita nuova (vivere di Cristo, con Cristo, in Cristo) e non dobbiamo attendere altri tempi per vivere dell’amore di Dio (e nell’amore di Dio e del prossimo), sappiamo che in questa storia rimaniamo sempre in cammino di conversione, in un mondo in cui crescono insieme il buon grano e la zizzania. Al termine di questa nostra corsa terrena (purtroppo risulta spesso una gara piena di affanni, fragilità, ansie ma non priva di innumerevoli meraviglie che in ogni caso Dio ci riserva) noi professiamo la fede nella vita eterna: la piena comunione con Dio e tra noi. Fatichiamo a pensarla visto che noi abbiamo esperienza di quello che è fugace, transitorio, provvisorio. Talvolta viviamo nella leggerezza delle cose che passano (l’aperitivo, il bel vestito, il prendere il sole a Barcola) godendo l’attimo fuggente per non pensare ansiosamente alla precarietà della vita, per accantonare le domande su ciò che c’è oltre la sbarra della morte. E anche al suo incombere improvviso come quando giunge per un incidente o per una grave malattia, o anche quando sembra non arrivare mai ed estenuare una vita piena di interrogativi. Si tratta di domande che la nostra cultura – spesso più agnostica che atea – ci invita a rimuovere. Se tra amici solo si provano a toccare i temi complessi, le domande sul senso della vita, spesso si gareggia a deviare con una battuta che quello non è il contesto, che è meglio godere un bicchiere di Friulano o una buona birra che attardarsi su domande così impegnative.

Nel cuore dell’estate celebriamo la gloriosa assunzione di Maria in cielo. Viviamo pure la leggerezza delle vacanze e la spensieratezza dell’aperitivo ma consapevoli che la vita ha una traiettoria, che è il Paradiso, la gioia che tutto il desiderio di bene e di amore troverà appagamento. In Dio, nel suo amore.

Nel mio arrivare a Trieste e nell’aver chiesto a presbiteri e laici di aiutarmi a capire e a cogliere le vie di Vangelo da percorrere, molti mi hanno richiamato alla pietà verso i defunti e al modo (tipicamente triestino, solo triestino) di celebrare i funerali quasi sempre al Cimitero. L’osservazione ripetuta è che i tempi sono troppo contingentati. Non c’è la possibilità per il celebrante di incontrare i familiari e con loro rielaborare il lutto. Spesso la logistica comporta che la gran parte di persone rimane nel chiacchiericcio ed esclusa dalla partecipazione alla risicata liturgia. Liturgia pure compromessa dal mormorio che la massa rende ridondante, come un vociare che urta con il dolore delle famiglie.

Talvolta le comunicazioni tra agenzia funebre, familiari e celebranti – senza volere giudicare nessuno – non sono complete e avvengono episodi spiacevoli. Per esempio dobbiamo chiedere scusa a Federico Huisman e alla sua famiglia (soprattutto a papà Marco e mamma Michela e alla sorella Caterina) per gli equivoci sconcertanti che hanno portato a non celebrare le esequie nella Chiesa del cimitero.

E me ne dispiace perché Trieste ha una lunga storia di celebrazioni ecumeniche e nell’inizio del mio ministero a Trieste, lontano dai riflettori, mi sono ritrovato a pregare insieme ai diversi pastori delle diverse comunità cristiane della città, come a partecipare a diversi incontri interreligiosi. A maggior ragione nei momenti di lutto siamo chiamati a unirci nella preghiera, nel chiedere allo Spirito Consolatore di darci un po’ di forza nell’affrontare quegli interrogativi che avevamo rimosso. E che invece tornano improvvisamente, e per i quali in ogni caso ci troviamo impreparati. Per i quali però vale la pena rimetterci insieme in ascolto del Vangelo, buona notizia di Dio per noi uomini e donne precari, pellegrini sulla terra.

So di toccare una questione che ha pure un risvolto economico importante, ma molti mi hanno suggerito di incentivare la celebrazione dei funerali nelle chiese parrocchiali. Anche se talvolta la vita ci ha portato ad allontanarci un poco dalla pratica religiosa, anche se talvolta abbiamo allentato la frequenza con la nostra parrocchia… restiamo pur sempre in quell’appartenenza fraterna: in quella comunità dove siamo cresciuti, dove abbiamo ricevuto i sacramenti, vissute esperienze gioiose di amicizia e di famiglia, lì dove si abita e dove c’è quel vicinato che per fortuna tante volte non è solo anonimo e distante. Un vicinato che spesso è anche di una prossimità significativa e di conforto.

Incoraggio a celebrare le esequie nelle chiese parrocchiali perché significa ritrovarci in un contesto dove siamo aiutati a raccoglierci con rispettoso silenzio, con umile preghiera, dentro una trama di rapporti familiari e amicali che possono esprimersi meglio e non nella ristrettezza dei tempi prefissati dall’agenda del cimitero.

Anche al presbitero che celebra le esequie si dà la possibilità di una parola più appropriata, di poter ascoltare dai familiari il grido di dolore, il gemito di speranza, l’inquieta domanda del perché della morte. È possibile dirci in modo più umano, e dunque più cristiano, le fragilità e le virtù, i sogni interrotti e le attese che coltiviamo verso Dio e la vita.
E auspico che nei momenti del dolore e del lutto la comunità cristiana trovi la fantasia del linguaggio della prossimità, della solidarietà, della consolazione, della fede nel Dio della vita che vince le angosce della morte.

Incoraggio che se non ci sono le condizioni di poter celebrare la messa delle esequie, ugualmente in chiesa si trovino i tempi per celebrare insieme l’eucarestia di suffragio. La misericordia di Dio arriva e non attende la nostra preghiera, ma noi abbiamo bisogno di ritrovarci e insieme pregare, e insieme affidare a Dio i nostri cari defunti. Non capiti che ci diamo il tempo per trovare costose location per celebrare riti collettivi per la laurea o il compleanno o l’addio al celibato, e non ci diamo tempi e spazi adeguati per vivere la reciproca vicinanza nel momento del lutto.

Anche se talvolta le domande sono strazianti, anche se le ferite sanguinano ininterrottamente e non troviamo le parole giuste, possiamo stringerci e abbracciarci. Restare gli uni accanto agli altri. E misteriosamente Dio si fa presente. E per un cristiano il Vangelo resta buona notizia. Il Signore è risorto e ci dà la possibilità di riprendere il nostro cammino con Lui a fianco. Con il Cristo vivente che ci segue passo passo.

A tutti l’augurio di un buon ferragosto, di una buona festa dell’Assunta.