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Solennità del Natale del Signore | Messa della notte


DIOCESI DI TRIESTE


Solennità del Natale del Signore
Messa della notte


✠ Enrico Trevisi


Cattedrale di San Giusto, 25 dicembre 2023



Cari fratelli e sorelle,
Amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre

Il Natale, l’incarnazione del Figlio di Dio è l’inizio del compimento della Rivelazione: il compimento è il mistero pasquale e il dono dello Spirito. Ma senza l’incarnazione di Cristo, del Verbo, non ci sarebbe stato il compimento. 800 anni fa san Francesco, tre anni prima di morire, mentre era nei pressi di Greccio, ebbe l’idea di far celebrare una Messa un po' speciale. Tommaso da Celano, il suo primo biografo, dice che Francesco chiamò Giovanni, un uomo di buona fama, e gli disse: “vorrei fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per le mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. E così quest’uomo buono approntò tutto secondo le indicazioni di Francesco: il fieno, il bue, l’asinello…. E arrivata la notte di Natale, il giorno della letizia e dell’esultanza, così viene chiamato il Natale, San Francesco è lì, estatico e pervaso di gaudio ineffabile. E poi sulla mangiatoia viene celebrata la Messa e si annota che il sacerdote “assapora una consolazione mai gustata prima” (Tommaso da Celano, Vita prima, 84-85). Francesco predicò al popolo e parlò della nascita di Gesù, il Re povero, chiamandolo “il bambino di Betlem”.

Mi piacerebbe che tutti tornassimo a Betlemme, non solo a Greccio, e assaporassimo una consolazione mai gustata prima. La consolazione del sentire Dio con noi, ora. In questo momento. Chiudi gli occhi, respira piano e gusta la presenza di Dio qui con noi.

San Francesco ci invita a tenere unito il mistero dell’incarnazione del Re povero, il figlio di Dio, il bambino di Betlem e l'Eucaristia, il sacramento pasquale che ci ricorda il Crocifisso, il Re povero crocifisso e morto per amore. A congiungere il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e della morte del Figlio di Dio è la povertà: e Francesco estatico contempla con gli occhi del corpo i disagi del neonato adagiato nella mangiatoia ma anche l’umiltà di Dio che nel sacramento dell'Eucaristia si rende presente in un pezzo di pane che viene condiviso.
Il periodo in cui san Francesco inventa il presepio era per lui molto tormentato. Non si sentiva capito né dai suoi frati e nemmeno dalla curia romana: la sua ispirazione su sorella povertà non sembrava perseguibile. E lui a Greccio la ripropone in modo concreto, reale, come la forma in cui Dio si incarna. E dopo una manciata di mesi, a La Verna, ecco che la povertà del Crocifisso si imprime sulla sua carne, mediante le stimmate.

Il nostro mondo rende il Natale pieno di consumi eccessivi, di sprechi. Non sembra possibile una festa senza lo spreco. San Francesco ci insegna a ed essere lieti nel contemplare il Dio che si fa carne povera, semplice, e insieme siamo chiamati a contemplare il Dio crocifisso che ogni giorno, umile, si rende presente nel pane eucaristico e ci chiede di sfamarci di Lui, di condividere Lui e il suo amore (Ammonizione 1, 16-18, FF 144).

Invito a vivere così il Natale. Limitiamo un po’ gli eccessi e contempliamo l’umiltà di Dio, la povertà di Dio. Contempliamo l’umiltà di Dio, la povertà di Dio nell’umanità povera e umiliata di tanta gente, di tanti bambini martoriati, offesi, uccisi. Di tanti uomini e donne che nella loro povertà ci ripresentano il mistero umile che Dio ha condiviso nell’incarnazione. Ce lo ripresentano, se abbiamo gli occhi estatici di san Francesco che nei disagi del bambino di Betlem risale a Dio e a quanto noi siamo amati. E che scegliendo la via di sorella povertà ci fa uscire dal folklore del presepio per renderci capaci di condividere in modo reale la vita, il tempo, i beni con i tanti poveri che sono sul nostro cammino.
Contempliamo l’umiltà di Dio nell'Eucaristia che ci immette nell’amore infinito di Dio per noi: evitiamo il rischio di curare solo la forma esterna dell'Eucaristia (a prescindere se sia in lingua latina, greca, italiana, slovena con i canti in gregoriano o polifonici o con le chitarre…) senza risalire alla verità profonda del sacramento. Dio con noi. Il Dio povero, umile e crocifisso che pure è il Vivente, il Risorto, l’Emmanuele: il Dio con noi.
Fermiamoci ancora qualche istante con lo sguardo estatico di san Francesco, viviamo questa Eucaristia con il cuore commosso di san Francesco. Ripartiamo con la determinazione di Francesco nel vivere il Vangelo. Nel viverlo, non nel selezionarlo a piacimento. Contemplare il mistero di Dio. Vivere il mistero di Dio.